Home Calcio Napoli Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

BOLOGNA-NAPOLI 0-0


NAPOLI-UDINESE 4-1

Stavolta è veramente difficile trovare tre parole per descrivere la settimana del Napoli. Se avessi chiamato la rubrica “dammi tre parolacce” probabilmente ci avrei messo due minuti a buttar giù qualcosa di profondamente sentito. Mi tocca quindi dar fondo a quei pochi rimasugli di aplomb stipati negli anfratti più reconditi delle mie sinapsi per non lasciarmi andare ad insulti misti tutti frutti.

 

ISTERIA. Stiamo assistendo ad un fenomeno senza precedenti. Senza scomodare Umberto Eco e il suo pensiero riguardo ad Internet e la sua essenza di pulpito per “legioni di imbecilli”, sta accadendo che una parte consistente dei “tifosi” del Napoli, per i quali la vittoria dello scudetto è stata fondamentalmente una mal digerita interruzione della propria vocazione disfattista, attende l’errore di qualche tesserato del Napoli per rigurgitare copiosi fiotti di sangue, bile e stronzate. Non ha molta importanza che si tratti dell’allenatore (il preferito nelle prime settimane), il presidente (il preferito dai gastroemorragici cronici), un calciatore (come il Juan Jesus acclamato come esempio di attaccamento alla maglia e diventato in tre settimane una scoria da scagazzare con un lassativo a presa rapida), oppure il Social Media Manager (di cui parleremo a parte). L’importante è avventarsi su un argomento a caso relativo ad uno svarione qualunque, o anche solo ad una percezione personale di svarione. Basi fertili per far germogliare elucubrazioni più o meno circostanziate, su cui poi mandrie di psicologi si lanceranno avidamente per la redazione di saggi sull’effetto Dunning-Kruger applicato al calcio. Dissertazioni sui moduli, sulle tattiche, sulle sostituzioni, sulle campagne di marketing, sulle campagne acquisti, sui bilanci e sui progetti urbanistici per la costruzione di nuovi stadi, che si infrangono 99 volte su cento in urla idrofobe tipo: STRUUUNZ’!!! PUOSA ‘STU SFACCIMM’ ‘E TELEFONO E VIEN’ A CAGNA’ ‘O PANN’ ‘O CRIATURO!!!

Rifletteteci: sette partite giocate. Quattro vittorie, due pareggi e una sconfitta (in sostanza meglio del 90% delle stagioni di tutta la storia del Napoli) e il più felice di questi soggetti disturbati vorrebbe vedere le budella di Garcia frammiste alle frattaglie di de Laurentiis servite con misticanza, olio e limone su un piatto in ceramica vietrese.

Dopo averci riflettuto piangete insieme a me.

Il nostro giovanotto mascherato merita la terza voce in solitaria ma ciò che lo vede protagonista indiretto di quanto accaduto in settimana richiede una valutazione sul tasso di modernizzazione della società contemporanea che parta da una breve considerazione tecnica: STAMM’ ACCÌSI

 

TIKTOK: la levata di scudi nei confronti del social media manager del Napoli con decine di migliaia di più o meno autorevoli sostenitori del suo licenziamento, è la più triste dimostrazione concreta del gap generazionale, dove non si confrontano più i genitori con i figli, gli anziani con i giovani e nemmeno il linguaggio vetusto con quello moderno. Non si tratta più dello sciorinare tipico di tutte le generazioni che pensano che invecchiare sia sinonimo di “migliorare” e dello sguainare quelle frasi odiose come “ai miei tempi…”. Rifuggo questa frase di merda da quando a dodici anni litigavo furiosamente con mio zio che pretendeva di spiegarmi che quella di Gino Latilla fosse “musica vera” mentre i Led Zeppelin fossero degli infoiati satanisti dediti allo schiamazzo gratuito. In quelle discussioni mi infervoravo al limite del vaffanculo. Un vaffanculo che mai avrei potuto neanche immaginare di propinare ad uno zio per non rischiare di essere scorticato con la pinzetta per le ciglia da mammà e papà ma che mi ha spinto a giurare a me stesso che non avrei mai preteso di essere superiore per il solo, funesto, vantaggio anagrafico rispetto a chi era più giovane di me. Tutta questa premessa per dire che mi sono sempre sforzato molto di comprendere cosa ci fosse di interessante nelle cose che tendenzialmente vengono demonizzate senza competenza ed argomenti, ma per il solo connotato di essere innovative e destinate ai più giovani. Sono abbastanza vecchio per poter dire che mi è capitato con i personal computer, con i cellulari, con internet, con la playstation, con i social e qualche altra dozzina di cose. TikTok è un elemento che esprime perfettamente questa propensione ignorante a considerare esecrabili le cose di cui non si comprende il costrutto. Attenzione, non è il paradiso in terra, anzi è un luogo dove si possono trovare cose orribili, gente orribile, violenza, bullismo, discriminazione, sessismo etc., quindi niente di differente da quello che si trova aprendo gli occhi la mattina ed affrontando la propria giornata, dentro casa e fuori. Quindi se siete tra quelli che “Tiktok deve essere chiuso” potete considerarvi insultati con un epiteto a scelta tra quelli più triviali di vostra conoscenza. Non posso farlo direttamente per rispetto della testata che ospita i miei deliri. Se siete invece tra quelli che hanno chiesto il licenziamento del SMM del Napoli, posso riconoscervi la sospensione condizionale dell’insulto, con l’obbligo però di parlare con i vostri figli/nipoti di questa piattaforma, possibilmente senza pregiudizi e con le orecchie appizzate. Che il fatto che per la prima volta nella storia dell’uomo c’è una generazione di figli che può insegnare qualcosa ai genitori, non l’ha inventata Faccecazzo72, hater certificato con spunta blu su Facebook, ma scienziati di vario ordine e grado con tanto di master nelle più prestigiose università del globo.

 

OSIMHEN: che il giovane scellone nigeriano fosse un tipo dal carattere non esattamente easygoing lo si è visto da quando è arrivato alla corte di King Auro. La sua caratteristica più evidente e più determinante è la fame. Avendo conosciuto quella reale ha fatto di quella metaforica il suo tratto più riconoscibile e questo gli ha comportato una abilità a prendere una posizione dominante, come pochi altri nel calcio moderno, quando ha il pallone a portata di piede, mentre gli ha donato una tendenza al criaturìsmo* quando il pallone è un po’ più distante. Ciò si palesa con il suo “sbattersi” scompostamente quando non riceve un passaggio, con il “suggerire” sguaiatamente le posizioni ai compagni di reparto, con l’elargire cresime a spaglio quando sostituito, col lamentarsi ad ogni fallo subito con gesti plateali che sono costati a tutti noi un bel po’ di -0,5 al fantacalcio. Il casino fatto dai sauditi sul suo nome lo scorso agosto lo ha terribilmente destabilizzato, al punto da spegnere il suo sorriso contagioso per tutte le settimane che ci hanno accompagnato fino a ieri. E Osimhen senza sorriso è come Tom senza Jerry o la pizza senza mozzarella: può esistere ma non ha molto senso. Tra le sue non poche sfortune (soprattutto sul tema infortuni) c’è quella di avere un procuratore che ha 5 assistiti in croce due dei quali del Napoli (l’altro è JJ) ed altri tre che conosce solo lui. Quindi con competenze evidentemente piuttosto limitate al punto di usare strumentalmente qualcosa di totalmente innocuo (definirlo razzista è sintomo di malafede) per convertirlo in un cucchiaione di legno per rimestare un calderone di merda già abbastanza maleodorante. Detto che prendere per il culo un proprio calciatore su TikTok è prassi comune a quasi tutti i team che hanno un profilo su questa piattaforma, il suo smottamento intestinale è veramente una fetenzia. Tanto più che già Juan Jesus era stato preso per il culo per i suoi errori nelle ultime partite ma il soggetto non aveva sentito la necessità di batter cassa. Fino al procuratore qualitativamente discutibile le responsabilità del giovane virgulto incazzoso sono poche e se la sarebbe sempre potuta giocare sul “lui è lui ed io sono io”. Il far sparire le foto in maglia azzurra dal profilo Instagram sono invece un modo per rivendicare urlando a squarciagola di essere un criaturo, appunto, nonché di essere totalmente incapace di gestire sia lo stress che le proprie scelte. Perché se dimostrare che ti fa schifo il presidente ti fa sembrare un coglione avendo tu firmato un contratto che ti trattiene volente o nolente a Napoli fino alla fine del 2025, schifare la maglia fa di te, istantaneamente, un uomo di merda. E per ripulirsi la merda da “cuollo” dopo un gesto del genere non basta una doppietta contro l’Udinese… devi andare in TV e dire ai tuoi tifosi “mi scuso se mi sono comportato come un criaturo”. E POSSIBILMENTE FARLO IN ITALIANO CHE SONO 4 ANNI CHE VIVI A CASTELVOLTURNO, CAZZO!

 

Ah sì, si dovevano commentare le partite Bologna-Napoli e Napoli-Udinese. Ma cosa sono 90+90 minuti di gioco in confronto di una settimana di chiacchiere “a soddisfazione”?

Comunque: Bologna-Napoli – il Napoli non ha giocato; Napoli-Udinese – il Napoli ha giocato

 

*dal napoletano “criatùro”=“bambino”

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