Volare basso è il motto di Rino Gattuso, uno che alle parole preferisce i fatti. Che abbia carattere lo ha dimostrato nelle due partite “impossibili” contro Lazio e Juventus dove ha centrato in entrambe il bersaglio pieno senza farsi scoraggiare dai tre precedenti infortuni casalinghi in campionato contro Parma, Inter e Fiorentina.
Un gladiatore, insomma, che però ha dato un’impronta alla squadra non solo da un punto di vista caratteriale ma anche tattico. E su questo aspetto va riletto un tanticchio meglio anche il Gattuso allenatore, cercando di spiegare quello che potrà e dovrà essere il suo lavoro non solo da fine psicologo e motivatore ma soprattutto di tecnico per arrivare al Napoli che è nella sua idea di squadra. Gattuso ha subito sfidato il “vecchio” modulo di gioco proposto da Ancelotti, non gradito da diversi giocatori, riproponendo una versione meno integralista del 4-3-3- di Sarri, al quale non ha fatto mistero di volersi rifare con gli opportuni cambiamenti. La cosa, in assenza di un play, non gli è riuscita fino all’arrivo di Demme, voluto fortemente dal tecnico, e dello stesso Lobotka, perché la squadra, pur mostrando segnali di ripresa, ha pagato soprattutto lo sgangherato assetto tattico di un centrocampo poco coeso e per niente utile, in fase difensiva e di non possesso, perché costruito con uomini come Zielinski, Allan, Fabian Ruiz, portati naturalmente ad attaccare e perciò a trovarsi quasi sempre fuori posizione in caso di transizioni avversarie con le conseguenze di una difesa costantemente scoperta.
Il tecnico di Corigliano Calabro, sul piano tattico ha perciò lanciato in fretta nella mischia sia Demme che Lobotka sin dalla gara di Coppa Italia contro la Lazio, ricavandone subito i frutti sperati in termini di risultato ma soprattutto di gioco. La squadra, infatti, è apparsa più equilibrata, corta e più geometrica sia nell ‘impostazione del sistema di gioco che nell’interpretazione e nella lettura delle situazioni che la gara proponeva di momento in momento, concedendo ai giocatori laziali il possesso palla ma non gli spazi per le verticalizzazioni di Milinkovic, Parolo e Leiva, finchè in campo, a favore di Immobile e Caicedo. Le stesse situazioni di gioco sono state ricreate con La Juve, apparsa ai più rinunciataria e lenta senza però tener conto della capacità degli azzurri di isolare e tenere lontane dall’area le punte bianconere. Bravo Gattuso, dunque, nell’ impostare due gare difficili giocando sugli avversari, impedendo loro di giocare, però adesso Ringhio deve impostare la squadra consegnandole uno spartito d’attacco per quando incontrerà formazioni che si difenderanno con le unghie per strappare almeno un punto, puntando tutto sul contropiede. L’arrivo di Politano è sicuramente un’arma in più che Ringhio avrà a disposizione. L’ex Inter sa creare superiorità numerica in attacco ed i suoi tagli spesso risultano letali. A differenza di Callejon, però, non gli si può chiedere compiti tattici o di ripieghi profondi. Toccherà perciò studiare una formula a centrocampo che dia equilibrio ma anche appoggio alla manovra d’attacco senza scoprire nuovamente la difesa. Un centrocampo a tre, Lobotka-Demme-Zielinski, ci sembra, con Politano in campo, quello meglio assortito, con Fabian Ruiz e Allan alternative validissime a seconda del tipo di gara che si vuole giocare. Però, con i rientri di Koulibaly e Maksimovic, sarebbe proprio da buttare l’idea di un 3-4-3 con Di Lorenzo a centro destra a chiudere la linea di difesa e Callejon esterno destro nei quattro di centrocampo? È un’idea, come tante, che vogliamo proporvi senza essere depositari di verità o visionari. Noi, dopo gli arrivi di gennaio, vogliamo solo far capire che la sensazione è che questo Napoli abbia carrozzeria, motore e pezzi di ricambio per risalire posizioni di classifica giocando un bel calcio senza essere monotematico. Ma, per pensarla come Gattuso, volando bassi e facendo i fatti senza troppe parole.
Col 4-3-3 o col 3-4-3? La squadra ora è double face
Il mercato di gennaio ha aperto le porte ad un Napoli camaleontico