La prima urgenza è dotare la Biblioteca di personale, per non metterne a rischio la funzionalità operativa (ma ciò dipende dal Ministero dei beni culturali). L’ipotesi di trasferire la “Nazionale” poi non ha senso se non nell’ambito di un ridisegno complessivo che metta in rete anche le altre biblioteche (universitarie, comunali, scolastiche) del territorio e di un progetto rigenerativo di tutta l’area in cui la Nazionale andrebbe ad inserirsi. Intanto a Napoli è necessaria una ricognizione dei tanti spazi vuoti (dall’ex Sferisterio all’ex Ospedale militare) che potrebbero essere utilizzati, come suggerisce Leonardo Di Mauro presidente dell’Ordine degli architetti (se alla Nazionale servissero altri spazi, si potrebbe optare per soluzioni di prossimità). E ciò anche alla luce del collasso demografico, avverte Eugenio Mazzarella emerito di Filosofia teoretica della Federico II: “Bisogna tenere conto non solo degli spazi, ma anche di chi vi sarà in quegli spazi…”.
Questi tra i principali elementi del confronto sul “progetto di trasferimento della Biblioteca Nazionale di Napoli dal palazzo reale all’ex Albergo dei Poveri: opportunità o rischio per il patrimonio?” svoltosi sabato a Palazzo Serra e coordinato da Valerio Cacace dell’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Un piano dell’ex ministro della cultura Franceschini (ci sono 100 milioni del PNRR per un restauro parziale dell’ex Albergo dei Poveri della cui esecutività si occuperebbe il sindaco) che pare stia andando avanti sotto traccia, alimentando la sensazione di operazioni calate dall’alto… “Si spera che il nuovo governo non lasci morire biblioteche, archivi, emeroteche”, ha detto uno dei relatori prendendo però le distanze dallo slogan “La Biblioteca Nazionale non si tocca” di un gruppo di lettori, lavoratori, studiosi… Niente posizioni preconcette. Si vuole andare oltre. “Sarei disponibile ad accogliere l’idea del trasferimento all’ex Albergo dei Poveri a condizione che ciò avvenga nell’ambito di un progetto biblioteconomico e architettonico che tenga conto del contesto”, ha detto Gennaro Alifuoco già responsabile dei servizi digitali della Biblioteca Nazionale.
Ma ha senso procedere con il trasloco prima del restauro?
Un confronto promosso dall’Associazione italiana biblioteche (insieme con IISF): “Comune e Regione sono gli attori politici in grado di intervenire”, ha detto la presidente AIB, Rosa Maiello, “si mettano attorno a un tavolo e poi si facciano sentire”. Ma fondamentale è il ruolo del sindaco. L’AIB nazionale si era già espressa contro il trasloco della Biblioteca Nazionale, scrigno di memorie del Mezzogiorno con un patrimonio nel quale tra l’altro sono confluite intere antichissime biblioteche (in occasione per esempio della soppressione di ordini religiosi) e fondi privati. Tutte le sezioni (costituite studiando il materiale antico e moderno) sono anche laboratori di ricerca. “La BN meriterebbe di essere al centro di un progetto nazionale di sviluppo, che si accompagni a una politica di assunzioni adeguata”. Parliamo di una biblioteca di conservazione e non di lettura, benché abbia supplito anche a questa funzione (ore 8,30-19) in mancanza di un sistema bibliotecario cittadino. Ma ora un terzo dei locali (compreso il laboratorio di restauro) è chiuso per mancanza di personale e la distribuzione dei libri è stata concentrata nel salone di lettura. Il personale previsto in pianta organica è di 179 unità (arrivò a 400) ma attualmente vi lavorano solo 70 persone delle quali soltanto 6 bibliotecari compresa la direttrice. “Perciò la Biblioteca sta lavorando al minimo delle sue potenzialità, e ciò attenua anche nei cittadini la percezione dei servizi dei quali potrebbero fruire”, ha aggiunto la Maiello: “Mancando i bibliotecari si estinguono le capacità e le funzioni, viene meno il passaggio del testimone, la trasmissione delle competenze (che richiedono esperienza di lavoro sul campo)”. Il problema accomuna tutte le biblioteche pubbliche statali…
“Ringrazio Franceschini per aver suscitato questo fecondo dibattito”, esordisce Luigi D’Amato, già responsabile dell’emeroteca della Nazionale, “perché di solito delle biblioteche non si parla. Anche se sarebbe preferibile che il dibattito scaturisse dalle esigenze della Biblioteca e non da quelle dell’Albergo dei Poveri o dalla necessità di spendere i soldi del PNRR…”. E poi sottolinea un aspetto amministrativo: il rischio di pagare chissà che affitto “dal momento che (col trasferimento a Palazzo Fuga) il Comune diventerebbe il padrone di casa della Biblioteca nazionale”.
L’intento dichiarato dell’ex ministro Franceschini è liberare gli spazi di Palazzo reale. Ma già si sa che gli ambienti di Palazzo Fuga (da restaurare) saranno insufficienti per tutti i libri. Maurizio Tarantino, già direttore delle biblioteche di Ravenna e Perugia e ora di quella dell’Istituto italiano per gli Studi storici, non vedrebbe sfavorevolmente un alleggerimento del 30% del patrimonio della Nazionale (che potrebbe costituire il primo nucleo di una biblioteca sociale). Per Giovanni Muto, docente di Storia moderna alla Federico II, “non dobbiamo essere tagliati fuori in questo momento di disponibilità di fondi europei e comunque bisogna parlare di sistema bibliotecario cittadino. Napoli non ha una biblioteca civica. Dieci le biblioteche comunali delle quali due non funzionano e le altre otto sono aperte ore 9-14 (soltanto due fino alle 15,30) cioè praticamente off limits per gli studenti”.
L’architetto Francesca Brancacci, ceo presso B5 srl Engineering, concorda sulla necessità di un inventario degli spazi già disponibili. Paul Gabriele Weston, docente di biblioteconomia digitale e di teoria e tecnica della catalogazione presso la Scuola vaticana di Biblioteconomia, ha raccontato un vecchio episodio del British Museum (scaffalature di precisione, simulazione dell’occupazione degli spazi…) a conferma che un trasloco di libri è impresa improba.
Intanto resta nettamente contrario al trasferimento della Biblioteca Nazionale l’ex assessore Guido D’Agostino, docente universitario e presidente dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza. Per decenni tra i più assidui frequentatori della Biblioteca, il professore alla sola idea si sente “espropriato” di una parte di identità: “Avrò resistito fino alla fine alla cosa più assurda che sia venuta in mente a Napoli”.
In tanti hanno espresso suggerimenti e dubbi (sui tempi, sui costi). “Non c’è uno studio di fattibilità”. Un trasloco potrebbe durare 10/20 anni (con interruzione del servizio)… Il panorama politico assicura continuità?
Presenti in sala anche la giurista Elena Coccia e “Demanio costituzionale”, comitato cittadino in difesa dei beni pubblici e culturali.