Al sindaco il compito di ben sfruttare i soldi del patto per Napoli. E di darsi una svegliata
La pompa è stata davvero magna. Sembrava che il miliardo e duecento milioni di euro consegnati virtualmente da Draghi a Manfredi (nella foto) fossero un grazioso regalo del governo ai napoletani. Niente di tutto ciò. Un’elargizione a fondo perduto, certamente, ma da percepire gradualmente e in base ad un piano di lacrime e sangue. Si esce, cioè dal baratro tartassando i napoletani.
Il “patto per Napoli” invocato e ottenuto da Manfredi, necessario per il ripiano del disavanzo e per il rilancio degli investimenti, prevede infatti che il Comune assicuri il miglioramento della riscossione affidandosi ad una società specializzata, una sorta di mastino che andrà a rincorrere coattivamente i morosi, tra i quali importantissimi enti pubblici. E ci siamo. Ma non si capisce come sia stato possibile, in tutti questi anni, non pretendere che pagassero puntualmente, soprattutto le tasse dovute per la rimozione dei rifiuti.
Dove invece la questione si fa dolorosa è sugli altri impegni che condizionano il versamento delle tranche del miliardo e duecento: per il 2023 il Comune dovrà aumentare dell’1 per cento l’addizionale Irpef e nel 2024 di un altro 1 per cento con l’aggiunta di una tassa di imbarco aeroportuale, a partire dal 2023. Il che tradotto in cifre significa: dall’attuale 0,8 per cento si passerà allo 0,9 e poi all’1 per cento. Saranno esentati dagli aumenti i percettori di reddito non superiore ai 12mila euro annui.
Dai calcoli filtrati in questi giorni è emerso che per i redditi più alti di sola addizionale Irpef si registrerà un aumento che arriverà fino a 1250 euro l’anno, mentre il Comune incasserà nel 2023 8 milioni e mezzo in più che lieviteranno a 17 milioni a partire dal 2024. In più da ogni passeggero che sbarcherà a Napoli (anche dai napoletani stessi) incasserà altri 2 euro. Insomma un discreto bottino di cui si dovrà rendere conto al governo dell’effettività degli incassi per poter esigere le tranche successive a quella iniziale.
Parlavamo di lacrime e sangue. Questa stangata, che andrà ad aggiungersi a quella “nazionale” già prevista per la crisi energetica sulle bollette di luce a gas, verrà a pesare sulle tasche dei napoletani già colpiti dalla tassa sui rifiuti, dalla rc auto, dall’accisa sulla benzina, dalla tassa di possesso e dall’Imu, che sono le più care d’Italia. A fronte di servizi che nel definire carenti si ricorre ad un eufemismo.
Venti anni di gestioni diciamo “non oculate” (dieci di inerzia “iervoliniana” e dieci di sconquassi “demagistriani”) hanno condotto Napoli sull’orlo del disastro. Con un debito che paralizza la vita amministrativa e che si ripercuoterà anche sulle generazioni future.
Come che sia ora Manfredi i soldini li ha e speriamo che la pecunia riesca a svegliarlo dal torpore con il quale ha amministrato (?) la città in questi lunghissimi mesi, durante i quali la sola cosa che si ricorda del suo operato è stata, almeno per il momento, la conferma dello scelerato progetto risalente al vecchio sindaco di pedonalizzare 24 ore su 24 e 365 giorni su 365 il Lungomare. A dispetto di quanto aveva solennemente annunciato il giorno dopo aver sbaragliato la concorrenza dei suoi avversari alla carica di sindaco. E così ci toccherà ancora doverci rassegnare: ristoratori che si sono impadroniti della strada, a costo zero grazie al Covid, ed un mortorio buio e desolante per quasi tutta la settimana, tranne che a trasformarsi in una rumorosa fiera paesana nei fine settimana, con bancarelle di vu cumprà e di venditori di torrone e di zucchero filato. Un provincialismo indegno di una grande città che ha ambizioni di élite sulla scena mondiale dell’accoglienza e del turismo.
Certo è facile ribattere alle accuse di inerzia che da più parti piovono sul sindaco. Senza soldi non si cantano messe. Vero solo in parte. Con un po’ di buona volontà e a costo zero, tanto per fare un esempio, avrebbe potuto dare un segnale della sua presenza e rimpinguare le casse vuote pretendendo dal comandante dei Vigili, appena riconfermato, una massiccia opera di sorveglianza sul rispetto del pagamento del parcheggio nelle strisce blu. Allo stato questa riscossione è prevalentemente esercitata dai parcheggiatori abusivi che incassano e non girano, ovviamente, al Comune. Quanti milioni di contanti preziosi ha perso il Comune? Bastava, come detto, sguinzagliare seriamente un po’ di vigili, staccando il loro sedere dalle sedie e tentare di affrontare una volta per tutte questa piaga che offende la città e continua a perpetrare ai suoi danni l’immagine dell’illegalità elevata a sistema.
De Magistris aveva fatto una scelta ideologica (e demagogica) e nei fatti aveva lasciato che i parcheggiatori operassero indisturbati. Nulla è cambiato con Manfredi. Imperversano senza remore, taglieggiano con prepotenza i malcapitati costretti a versare quelli che una volta erano oboli e che ora sono vere e proprie tangenti esentasse.
E vogliamo parlare dei mancati introiti dalle abitazioni occupate abusivamente? Per la 167 se ne sta occupando la magistratura. Ma dal Comune, che pure avrebbe competenza a farlo, nessun segnale.
Ecco, visto che tutti dovremo ora contribuire a rendere effettivi i ristori del patto per Napoli sarebbe opportuno attendersi dal sindaco un’azione concreta e immediata su questi fronti (oltre che su Bagnoli, sul verde pubblico, sul traffico, sulla sosta, sui “portoghesi” dei mezzi pubblici, sull’occupazione abusiva di suolo ecc. ecc.). Ha voluto la bicicletta? Ora a Manfredi non resta che pedalare. Aspettiamo, poco fiduciosi.