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Sandro Joyeux: Napoli segue il tempo che scorre a modo suo, sembra ferma nel passato ma allo stesso tempo corre a tutta velocità

Un cittadino del mondo ed un cultore della musica, il francese Sandro Joyeux, approda con il suo Jumua Tour nella nostra città. Un’occasione per rinnovare l’affetto per la città partenopea da sempre, per lui, un vero e proprio “teatro a cielo aperto”.

Sandro, venerdì 7 marzo sarai in concerto al Teatro Bolivar di Napoli, ci dai qualche anticipazione di questo spettacolo?

Sarò con la mia band al completo, presenteremo brani dell’EP uscito pochi mesi fa, JUMUA, album prodotto da Adriano Viterbini e Fabio Rondanini. Non mancheranno le canzoni più famose del mio repertorio, da Kingston a Ce n’est pas ça; suoneremo in anteprima anche alcuni inediti che saranno nel prossimo disco. Sul palco ci saranno poi alcuni strumenti etnici e sarà un concerto con 7 o 8 lingue e dialetti diversi!

Il tuo primo “soggiorno” in questa città risale a diversi anni fa. Com’è cambiato in questi anni il rapporto con Napoli, cosa ti ha conquistato?

Dal primo giorno nei lontani anni novanta fino a ieri sera, c’è sempre un fattore magico fatto di imprevisto e di improbabile. Un incontro segue l’altro in una specie di canovaccio talvolta anarchico e libero, ma come se fosse predestinato. Una meccanica dei fluidi che funziona in maniera perfetta. Il mio rapporto con Napoli è come un filo dorato su un tessuto nero. Da sempre, Napoli segue il tempo che scorre a modo suo, sembra ferma nel passato ma allo stesso tempo corre a tutta velocità. E diventa città-mondo ogni giorno che passa.

Il tuo legame con la nostra città ti ha portato a collaborare con Eugenio Bennato in occasione della messa in scena al Teatro San Carlo de “L’amore muove la luna” ed hai fatto parte della band di Toni Esposito di “Pino Daniele – Tutta n’ata storia”. Nel panorama attuale con quale musicista partenopeo ti piacerebbe collaborare?

Molto interessante l’onda funk partenopea, Bassolino sound, i The Funky Machines ma anche PS5, il progetto di Pietro Sant’Angelo, La Maschera e gli Ars Nova che sono grandi amici. Napoli ha un gusto musicale sempre pertinente, con melodie sorprendenti, che uniscono tradizione e modernità. Seguo anche alcuni progetti di napoletani emigrati in Francia, come per esempio gli Ngasa Ngasa che tendono più all’afrobeat.

Sei un cultore della musica, hai spaziato dai canti gregoriani al metal e sei stato ospite due volte del Festival Rythmes et Formes du Monde. In questo periodo stai lavorando al tuo nuovo album, cosa ci dobbiamo aspettare?

Un po’ di reggae/dub tagliato a fette fini fini, insieme altri ingredienti come il Mbalax del Senegal, il bamanankan del Mali, qualche ballad, un brano d’ispirazione berbera. Come sempre parecchio meticcio!

Attraverso la tua musica hai sostenuto i lavoratori stranieri con l’Antischiavitour: le difficoltà per aiutare il prossimo, in un periodo di guerre e scontri politici, sono tante. Cosa si può fare di costruttivo?

Ho sempre pensato che imparare poche parole in tante lingue diverse possa aiutare ad instaurare un rapporto di vicinanza con le persone. Conoscere i modi di salutare di base in una lingua è come fare un regalo all’altro, una forma di considerazione e di rispetto. Ti riconosco, ho fatto uno sforzo per imparare qualcosa di te, quindi anche tu mi vedi diversamente. E magari ti senti accolto. Perché penso sempre che abbiamo una responsabilità scegliendo di accogliere bene. O male, come fanno i nostri governi da decenni, rispondendo a imperativi economici che chiudono gli occhi sullo sfruttamento dei braccianti o dei bengalesi che fanno girare tutte le cucine del paese, usando lo straniero come capro espiatorio di tutti problemi.

Un’ultima domanda o meglio un consiglio che senti di dare ai musicisti in attesa del colpo di fortuna che li porti alla ribalta?

Viaggiare, incontrare persone, connettersi, nutrirsi di musica e di affetti e soprattutto farsi travolgere senza aspettarsi niente in particolare.

https://www.youtube.com/watch?v=LT2edfo6IDc

ph. Simone Cecchetti

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