Saranno presenti il regista e Davide Oberto, curatore “TffDoc” al Torino Film Festival e Direttore Artistico di DocLisboa
Il film sarà preceduto dalla proiezione del cortometraggo ” del 3° Atelier di Cinema del Reale FILMaP “Racconti del Palavesuvio” di Luca Ciriello e “Il vicino” di Alessandro Freschi
Giovedì 21 febbraio alle 20,30 Cinema Astra ad “AstraDoc – Viaggio nel cinema del reale sarà protagonista il regista Marcello Sannino che presenterà al pubblico, per la prima volta a Napoli, il suo PORTA CAPUANA (Italia, 2018, 62 minuti) (https://vimeo.com/312902956, prodotto da Antonella Di Nocera per Parallelo 41, accolto con entusiasmo al Torino film Festival; sarà Davide Oberto, curatore di “TffDoc” al Torino Film Festival e Direttore Artistico di DocLisboa, a raccontare con il regista il mondo sfaccettato ed unico che esiste intorno alla Porta Capuana di Napoli. La Porta con le sue antiche pietre che traspirano storie del passato, la Porta testimone di un presente dove ancora quasi tutto appare possibile, mutabile, fluido. Porta Capuana è l’emblema della cosmopoli, il luogo di arrivo e di partenza. Torri che sovrastano il giorno e la notte, l’incedere del quotidiano durante il quale, da secoli, prende forma il meticciato inevitabile. Il riproporsi di ritualità e trascendenza che continuano – senza sosta – a manifestarsi e rimodularsi. Un film sullo spaesamento. Lo spaesamento fisico, sociale, storico. Un villaggio globale, statico e contemporaneamente in movimento, come un unico organismo vivente le cui molecole vivono di vita propria, autonoma, distinte ma indissolubilmente legate a quel tutto da cui succhiano linfa vitale. Il racconto della frontiera fluida di una città porosa.
A Porta Capuana – dice il regista nelle sue note – luogo di frontiera tra passato e presente, si vive in una condizione di continuo spaesamento. Ho deciso di raccontare la sensazione di spaesamento che riguarda le persone e i luoghi in questa parte di città che diviene mondo. Stare sotto l’arco della Porta Capuana è come mettersi al centro del continuo flusso tra passato e presente e farsi attraversare dalla carica emotiva che porta con sé. Le molecole di questo organismo sono eterogenee, vi si intrecciano la memoria e la malinconia, la speranza e i progetti, la fretta di andare altrove, la voglia o la necessità di rimanere, il desiderio di affermare un’esistenza e quello di cambiarla radicalmente. Bisogna cercare le giuste inquadrature per racchiudere la tensione del perdersi dell’attesa, della disperazione, della speranza, del movimento e della staticità, trovare la giusta distanza dalle cose e dalle persone. Per fare questo c’è bisogno di entrare in sintonia con ciò che si filma, cercando di far sparire la macchina da presa, rimanendo presente, cosciente di quel che accade.
Così ho strutturato il film, facendo attenzione all’intreccio di problematiche politiche e affettive che segnano indelebilmente i luoghi e il nostro tempo. Entreremo ed usciremo dalle dimensioni scelte con fluidità, seguiremo le persone e con loro scopriremo il modo di stare a Porta Capuana, di stare al mondo. In una contrapposizione dialettica nei confronti della realtà, il film alterna campi lunghi descrittivi a primi piani di volti che diventano paesaggi che raccontano storie.
Un riferimento visivo possono essere quei quadri di Bosch che si presentano nella loro composizione d’insieme come un enorme spazio caotico e indefinito, ma se ci si avvicina al quadro si scorgono infinite molecole di vita, e i ritratti di Antonello da Messina con tutta la bellezza e la profondità che li pervade.