“A Napoli succede di tutto, ma qui abbiamo un record mondiale: abusi edilizi in una chiesa”, commenta il giornalista televisivo mostrando la facciata di Sant’Arcangelo a Baiano (il monumentale edificio cinquecentesco descritto anche da Stendhal e ora deturpato da un terrazzino, un balcone, una finestra)… E’ solo l’anteprima di una inchiesta di “Report” sulle chiese di Napoli che sarà trasmessa lunedì prossimo alle 21,15 su Raitre. A far da guida tra gli edifici sacri del centro storico Unesco, è stato Antonio Pariante, il presidente del Comitato civico di Portosalvo che con altre associazioni si batte contro l’assurdità di oltre duecento chiese chiuse, abbandonate al degrado o utilizzate in maniera inappropriata; lottando, insomma, per la riabilitazione di questo patrimonio artistico culturale che fa parte dell’identità della città “e la cui presenza”, ricorda Pariante, “fu determinante nel riconoscimento Unesco del 1995 che avvenne anche in considerazione (il sovrintendente era De Cunzo) del grande numero di chiese d’arte presenti”.
“La messa è finita”, questo il titolo del servizio di Danilo Procaccianti (con Goffredo De Pascale, Andrea Tornago e altri) scelto per l’avvio del venticinquesimo anno del programma ideato da Milena Gabanelli e ora condotto da Sigfrido Ranucci. Napoli nel centro storico ha più chiese di Roma (203 secondo l’ultimo censimento della Curia ma secondo Pariante sono oltre cinquecento) e di queste soltanto 79 aperte al culto o attività pastorali mentre 75 sono chiuse, in restauro o abbandono; e 40 ridotte ad uso profano e attività non di culto.
La parcellizzazione degli enti proprietari – tra Curia, Comune, Demanio e Fec (fondo edifici culto) – non aiuta ad avere un quadro preciso della situazione. Comunque una decina di quelle di proprietà della Curia nell’ultimo triennio sono state riaperte, per cui quelle proprio “off limits”, partendo da quel vecchio censimento, ora sarebbero 65 (nella foto a destra la clamorosa immagine di allestimento per un banchetto matrimoniale in una chiesa, ndr).
Dunque soltanto un’ottantina aperte al culto e le altre abbandonate, depredate, male utilizzate oppure in ristrutturazione perenne. Non tutte le chiese consacrate sono luoghi di culto perché nel 2010 l’allora arcivescovo di Napoli, vista la difficoltà della Curia a gestirle, decise di affidare alcune chiese in comodato d’uso gratuito ad associazioni o enti. Che cosa si fa adesso in quelle chiese? Feste per matrimoni, alberghi, discoteche, in qualche caso mense per bisognosi, concerti?
Alcune sono state restaurate ma restano inutilizzate (anche per mancanza di sacerdoti e di fedeli) mentre altri templi storici particolarmente significativi non hanno fruito dei lavori di restyling. Una vicenda che pone la questione del riutilizzo degli spazi sacri, al bivio tra la scelta di cambiare destinazione di uso o il mantenimento di una vocazione religiosa nonostante il calo dei fedeli e delle vocazioni… Le chiese da riaprire potrebbero essere affidate a comitati e associazioni in grado di riabilitare questo patrimonio che fa parte dell’identità cittadina; potrebbero essere proprio gli attivisti ad assumersi questa responsabilità. Ma qualcosa si deve fare. “Il riconoscimento del 1995 come Patrimonio mondiale dell’Umanità”, insiste Pariante, “scaturisce anche dalla straordinaria ricchezza delle chiese napoletane che, per vastità e bellezza, rappresentano un Unicum Culturale di arte, storia e architettura di valore universale determinante al medesimo riconoscimento”.
La chiesa di Sant’Arcangelo a Baiano non è l’unica alterata, fenomeno ben noto e riscontrabile ad ogni passo nel centro storico per i napoletani che camminano… “La novità è che ora una trasmissione nazionale evidenzi questo clamoroso aspetto delle strane trasformazioni delle chiese di Napoli che via via nel tempo hanno cambiato la loro destinazione naturale in curiose attività spesso in forte contrasto con la sacralità dei luoghi”, sottolinea Antonio Pariante. Un tema affrontato già nel 1992 dalla Fondazione Napoli Novantanove di Mirella Barracco e con una indagine poi tradotta nel libro “Napoli rivelata” di Maria Caputi – indagine a partire dalla quale ed in base alla propria esperienza sul campo Pariante può affermare che le chiese sono oltre cinquecento – e recentemente rilanciato, dopo trent’anni, in occasione della pubblicazione del volume “Chiese chiuse” dello storico dell’arte toscano Tommaso Montanari. E lunedì, il reportage di “Report”.