Siamo tutti traumatizzati, e forse noi napoletani lo siamo ancor di più. Confinarci in casa è stato come mutilarci, come disperdere un’identità fatta di allegria, di ottimismo, di relazioni umane, di baci e abbracci, di quel chiacchiericcio garbato, gentile e magari qualche volta anche un po’ pettegolo con l’inquilino della porta accanto. Tutto questo ora è proibito. Ci consola il pensiero che lo sarà solo per un tempo limitato e che quando l’acerrimo nemico che ci sta infliggendo questo martirio sarà sconfitto, grazie soprattutto al sacrificio che stiamo sopportando, riprenderemo la vita di sempre. E raccoglieremo i cocci di una spaventosa crisi economica che la quarantena provocherà, inevitabilmente. Ma i nostri genitori sono già venuti fuori da una crisi come questa che si annuncia. Gli aiuti americani, lo spirito cattolico, la pacificazione sociale, l’impegno strenue di donne e uomini, anche al Sud, ci fecero superare le tremende ferite della seconda guerra mondiale e ci catapultarono verso il miracolo economico degli anni Sessanta. Se mettiamo da parte la rissosità che ci divide in fazioni politiche, debellato il virus, possiamo farcela anche questa volta.