Milano e Napoli, le vere capitali d’Italia ma di due Italie diverse. Differenze tra le due città narrabili da molti punti di vista, non solo storici e antropologici. Due città diverse e divise per ricchezza, stato sociale, consumi, lavoro e politica ma egualmente punti di riferimento per abitanti dalle caratteristiche e peculiarità, apparentemente, agli antipodi. Milano, una delle capitali europee, la capitale “morale” d’Italia, quella più globalizzata, più internazionale, sopravvissuta a mille scandali e malaffari. La Milano da bere, quella della speculazione edilizia (Berlusconi docet), quella di Tangentopoli, dei rifiuti d’oro, delle mazzette per la metropolitana (17 linee, un paradiso), dei signori Ligresti, Poggiolini, Formigoni, dell’Expo, di appalti sospetti e di finte gare milionarie, quella dei Comitati d’affari gestiti da tronfi “cumenda” della borghesia milanese che han saputo creare un intreccio redditizio e inscindibile con alcuni corrotti e indegni rappresentanti della politica e degli enti statali. Una società allargata a nuovi “autorevoli” soci (autoctoni o importati dal Sud Italia poco importa), quelli che si sporcano le mani e che rivendicano a pieno titolo “un posto al sole” nel ricco piatto leghista-lumbard. Difficilmente questi intrecci, vera e propria associazione a delinquere, balzano agli “onori” della cronaca: quando si detiene il potere finanziario e il controllo dell’informazione è difficile che succeda. E quando accade, si ritorna allo status quo: il sistema, così ben oleato, funziona perfettamente anche sostituendo una rotellina dell’ingranaggio. La credibilità e la reputazione della città tornano candide. Tutto viene obliato quando si tratta della capitale “morale” d’Italia.
A contraltare la perfezione di questo meccanismo, pronta a monopolizzare, nella spregiudicata e faziosa vetrina mediatica, c’è invece la bieca manovalanza della delinquenza napoletana, quella che svende la sua Terra, quella che fa affari con i ricchi imprenditori milanesi per far sversare nelle nostre amate terre i rifiuti tossici. Gente senza amore per niente e per nessuno. Altro tipo di delinquenza è quella che Saviano, male interpretandola, assurge ad impero dove i sanguinari boss altro non sono che emuli di Scarface e Gomorra: gruppi privi di un Boss e di una vera e propria identità criminale che arruolano sempre più giovani, vere e proprie“gang”, minuscoli eserciti in grado di gestire piccoli traffici di droga ed estorsioni che di certo non vanno ad intaccare il predominio della “criminalità organizzata”. Quella sì, da paura: una vera e propria industria che non si caratterizza più per le azioni eclatanti ma che agisce sotto traccia con l’intento di infiltrarsi nelle amministrazioni comunali e nell’imprenditoria locale. Ma allora stando alle notizie diramate dai mass media uno sarebbe autorizzato a pensare che a Milano si viva meglio non essendoci microcriminalità? È purtroppo una mera illusione, perché le classifiche ci “illuminano” su statistiche completamente avulse dalle leggende metropolitane: a Milano si corre il rischio 3 volte in più, rispetto a Napoli, di essere scippati, borseggiati e derubati nelle proprie abitazioni. A preoccupare Napoli sono ben altri dati, quelli che mettono impietosamente a confronto il Pil procapite per abitante: a Milano 46mila euro, a Napoli 16mila. Divario percepibile anche nei depositi bancari (in media a Milano circa 73mila, a Napoli 10mila), nelle pensioni (a Milano 1162 euro contro i 753 di Napoli).
Ma è nel dato del sociale che avviene l’umiliazione più profonda: per le fasce più deboli – minori, anziani, disabili – a Milano, procapite c’è una spesa di 102 euro rispetto agli 11 euro per Napoli. Dati che non si discostano, in questo abnorme divario, anche per ciò che concerne la disoccupazione e le spese ospedaliere. Certo anche a Milano si vivono le disomogeneità, il numero dei poveri, per esempio, è aumentato del 21% rispetto a 10 anni addietro secondo i dati della Caritas, ma anche i dati sconfortanti non tolgono forza al trend positivo che vive: 5 milioni di turisti (che noi del Sud facciamo fatica a credere, con doveroso rispetto scrivendo non sapendo cosa vedere oltre il maestoso Duomo, Brera e i Navigli), fondi sovrani e finanza araba in investimenti esteri che si sommano a quelli elargiti a piene mani dai vari governi italiani sempre molto teneri nel donare con una sospetta generosità, denari e finanziamenti al capoluogo lombardo, ora in evidente difficoltà nel digerire la bocciatura della sede dell’Ema, l’agenzia del farmaco, che da Londra traslocherà invece in Olanda e che si prospettava come l’ennesima gallina dalle uova d’oro.
Milano la città che ha il 20% di stranieri nel suo milione e 400mila abitanti. E chissà in quale categoria ha inserito i tanti meridionali emigrati per lavoro, per studio e assorbiti dopo una laurea conseguita anche col sudore dei genitori, dalle aziende milanesi, vere e proprie banche di cervelli meridionali. A Milano due su cento arrivano, a Napoli 4 su cento emigrano. Milano la città dai 70mila appartamenti di edilizia popolare – 10mila ancora vuoti e 24mila nuclei familiari in attesa di assegnazione – Milano città allargata, anzi allargatissima grazie a mirabolanti infrastrutture di collegamento con la periferia ma anche con città come Venezia e Torino. Infrastrutture aeroportuali e ferroviarie ben lontane da quelle presenti a Napoli (pur, stranamente, sopra la media nazionale). Napoli, una delle 14 città metropolitane volute dal Ministro Delrio col “nobile” scopo di dare sviluppo strategico al territorio, alla promozione e alla gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazioni ma con il vero intento di eliminare 14 Province e tagliare le spese, così come dettato dalla Trojka. Napoli con 970mila abitanti e 3milioni nell’intera provincia. Napoli la città delle chiese, dei castelli, delle librerie, del turismo, dell’alta sartoria, delle eccellenze, delle start- up per i servizi alle imprese e dall’alto contenuto tecnologico. Napoli e provincia con un comparto agro-alimentare invidiabile, con le sue 38mila aziende agricole che rappresentano il 40% dell’agricoltura campana a dispetto della distorta e mirata campagna denigratoria atta a far morire un settore primario. Ignobile azione mediatica perpetrata ai danni soprattutto della stragrande maggioranza di onesti e capaci imprenditori che hanno dovuto combattere contro i pregiudizi alimentati da allarmismi calibrati e controllati da un’abile regia. Ognuno in Italia ha purtroppo la sua Terra dei fuochi, il nostro coraggio di gridarlo a gran voce è stato finalizzato ad un maggiore monitoraggio e al risultato considerevole di filiera più controllata d’Italia. Ciò che non possiamo affermare, e lo diciamo senza toni trionfalistici, della Pianura Padana considerata universalmente la zona più inquinata d’Europa. Napoli che aspetta ancora di riprendersi dalla crisi economica non solo di questi anni ma anche di quella degli anni 70: abbandono di quelle attività legate alla moda per conto terzi nel quartiere della Sanità o altre attività in piazza Mercato messe in ginocchio dall’apertura del Cis di Nola; la dismissione di raffinerie petrolifere, la chiusura di Bagnoli per la quale attendiamo al più presto una riqualificazione e un serio piano di sviluppo. Milano e Napoli, mai vicine, mai così diverse. Figlie di due Patrie. Milano che ora dovrà rimboccarsi le maniche per colpa di un’Italia che si è donata all’Unione Europea germano-centrica dovrà faticare maggiormente rispetto a Napoli per continuare ad avere i suoi atavici privilegi. Per Napoli, che nulla ha avuto dall’Italia e dall’Europa, non cambierà nulla, abituata a cavarsela da sola. È stupido fare un confronto: ci sono tante e talmente enormi differenze tra le due città. Differenze tangibili anche da un punto di vista gastronomico, tanto è vero che se vuoi mangiare una buona pizza a Milano c’è una pizzeria formidabile a 659 km, in linea d’aria, direzione Sud.