Intervista all’architetto Luciano Esposito, curatore dell’iniziativa di distribuzione borracce
In questi giorni l’Università degli Studi di Napoli Parthenope sta regalando ai suoi studenti centinaia di borracce in alluminio per supportare la campagna nazionale Plastic Free del Ministero dell’Ambiente.
Abbiamo intervistato l’architetto Luciano Esposito che ha curato l’iniziativa.
Come nasce questa iniziativa?
“Dovrei fare un passo indietro. Due anni fa il nostro Ateneo era impegnato in seminari e ricerche sul problema delle microplastiche nel mare, che rappresentano un insidioso rischio per la salute, ancora in fase di determinazione. Proposi al professor Alberto Carotenuto, il nostro rettore, di attivarci per far ridurre il consumo delle tante bottigliette di plastica usate nei nostri punti ristoro. La nostra Università fa parte della Rus Rete Universitaria per lo sviluppo Sostenibile, ed il rettore appoggiò subito la mia idea. Quindi facemmo installare alcuni distributori di acqua microfiltrata ed ordinammo 3500 borracce col logo del Centenario”.
Quale Centenario?
“Il nostro. Nata a Napoli nel 1920 come Istituto Superiore Navale, l’Università degli Studi di Napoli Parthenope ha evoluto diverse volte la sua offerta didattica e si è ampliata nei cento anni seguenti, assumendo lo status di Università a partire dal 1999”.
Quindi la borraccia è stata anche un’occasione per festeggiare questo traguardo?
“Esatto. Purtroppo il 2020 è coinciso con la pandemia da Covid, per cui la distribuzione delle borracce è stata rallentata dalla procedure di sicurezza e dalla riduzione delle lezioni in presenza. Ma da qualche mese gli studenti sono tornati a frequentare ed abbiamo potuto consegnare le ultime borracce”.
Come hanno giudicato gli studenti questa iniziativa?
“Molto favorevolmente. Sono stato contattato dalle associazioni degli studenti presenti alla Parthenope e mi hanno offerto un valido supporto per la distribuzione. Anche Legambiente ci ha dato una mano con entusiasmo ed ha fatto un po’ d’informazione ambientale per gli studenti che ritiravano le borracce”.
Quindi il bilancio è positivo?
“Sì, soprattutto quello ambientale. Voglio dire che ho analizzato i volumi di acqua erogati finora dai distributori e, nonostante i rallentamenti di cui parlavo, già sono state effettuate migliaia di ricariche. Con degli algoritmi è possibile convertire le bottigliette di plastica equivalenti nell’anidride carbonica che sarebbe stata emessa per la loro produzione e per il loro trasporto. Considerando che gli alberi assorbono con le loro foglie una certa quantità di CO2, per schematizzare al massimo, ho spiegato agli studenti che in questi primi mesi di uso dei distributori è come se avessimo già piantato 60 alberi”.
E qual è l’obiettivo finale, in termini di CO2 evitata o di alberi virtuali?
“Difficile calcolarlo esattamente, ma possiamo dire che ogni cittadino che rinuncia all’acqua minerale in plastica per tutto l’anno equivale approssimativamente ad un nuovo albero. Abbiamo oltre16mila studenti e contiamo anche sulla attività di informazione e persuasione che possono fare nelle loro famiglie, in modo da moltiplicare gli effetti positivi. È importante infatti che tutti facciano qualcosa per l’ambiente: ormai gli effetti nefasti dell’effetto serra e del cambiamento climatico sono una realtà inoppugnabile”.