Dicono Italia ma in realtà vogliono dire Napoli. Le eccellenze famose al mondo di cui si vanta il Belpaese sono, in realtà, quasi tutte “made in Napoli”. Moda, cucina, musica, arte e altro ancora: l’Italia è in debito con Napoli di tanta fama e successo nel mondo il cui merito sarebbe dovuto spettare all’ingegno e alla creatività del popolo partenopeo ma che, alla fine, è stato accomunato come “italiano”. A partire dall’antica sartoria napoletana, coi maestri delle botteghe partenopee che hanno studiato gli abiti inglesi e riproposto dei modelli più leggeri e disinvolti di quelli di George Bryan Brummel prima e di Lord Byron poi dando vita a quello che poi è stato definito “lo stile italiano”. In realtà si tratta della scuola di sartoria napoletana, nata tra i vicoli della città più affascinante e originale del mondo. E mentre qui si produceva l’abito napoletano, al Nord si lavorava la terra e Milano non sapeva nemmeno cosa fosse la moda.
Hollywood, non a caso, ha dato spazio sempre alle bellezze di Napoli e i divi del cinema americano hanno sempre scelto per le vacanze Capri, Ischia e la costiera amalfitana, dove il ballerino russo Rudolf Nureyev, il milgiore al mondo, acquistò addirittura un’isolotto. Per non parlare, poi, di Pompei e del Vesuvio, luoghi unici al mondo. La cucina di Napoli è sicuramente la più ricca d’Italia nel mondo: in America, ma non solo, ammattiscono per la lasagna che è un piatto tipico napoletano. Anche la mozzarella è, da sempre, una produzione della nostra terra, da Caserta al Cilento passando per Napoli ovviamente. La pizza merita un capitolo a parte: prelibatezza nata a Napoli di cui si vanta tutta l’Italia. Quanto ad invenzioni napoletane, va ricordato che, oltre alla forchetta di oggi ideata dai Borbone, anche la bevanda “Fanta” è stata invenata da un napoletano, Ermelino Matarazzo nello stabilimento della Società Napoletana Imbottigliamento Bevande Gasate prima di essere acquistata dalla Coca Cola. Così come il gelato più famoso al mondo, il “Cornetto”, lo si deve alla gelateria Spica di Napoli col brevetto che fu poi acquistato dalla Algida. L’elenco è ancora lungo ma vale la pena soffermarsi sulla canzone italiana, che viene identificata erroneamente nel mondo con la più celebre canzone Napoletana a tal punto che all’estero, in molti Paesi, sono convinti che l’inno nazionale italiano sia “O’ sole mio”. Non solo, mentre i cantanti italiani hanno espresso il loro repertorio migliore negli Anni Sessanta copiando le canzoni straniere, al contrario le canzoni napoletane sono state copiate dagli americani. Basti pensare alla celebre “O’ sole mio” cantata da Elvis Presley oppure ai motivi indimenticabili di Renato Carosone, (a partire da “Tu vuo’ fà l’americano”) che ancora oggi vengono riproposti nelle hit mondiali in versione remixata e rivista. Dall’altro lato, gli italiani copiavano canzoni estere: si va da Patty Pravo con “Ragazzo triste” ad Adriano Celentano con “Il problema più importante” e con “Pregherò”, da Mina con “Città nuova” a Little Tony con “Riderà’’, fino a Gianni Morandi con “Scende la pioggia” e “Se perdo anche te”. Tutte cover! Insomma, un’epoca di plagi italiani e successi napoletani: negli anni Sessanta, l’inventiva dei cantanti italiani era pari a zero mentre Napoli, col suo Festival, sfornava motivi unici ed originali uno dopo l’altro. Mentre il resto del Belpaese produceva canzoni scopiazzate dall’estero, le canzoni di Napoli, al contrario, venivano scopiazzate e apprezzate all’estero. Il mondo segue Napoli, da sempre. L’Italia snobba Napoli, da sempre. Ma oggi è arrivato il momento di rendere merito a questa città ricca di talenti e di invenzioni che hanno reso celebre l’Italia. Quell’Italia che senza l’antica sartoria napoletana non avrebbe uno “stile italiano” riconosciuto in tutto il mondo. E senza il cibo e le canzoni napoletane non sarebbe così apprezzata nel mondo. Quell’Italia che, a conti fatti, senza Napoli sarebbe meno bella e meno affascinante. E meno ricca. Eppure gli italiani continuano a trattare Napoli con irriconoscenza e discrimazione, amplificando solo gli aspetti negativi della città. Ma senza Napoli, senza le sue eccellenze famose in tutto il mondo, che ne sarebbe dell’Italia?
Il direttore: Alessandro Migliaccio
Giornalista e scrittore, autore di numerose inchieste nazionali sulla camorra, sugli sprechi di denaro pubblico, sulla corruzione, sulle truffe e sui disservizi in Italia. Ha lavorato dal 2005 al 2020 per “Le Iene” (Mediaset), affermandosi con una serie di servizi che hanno fatto scalpore tra cui quelli sulla compravendita di loculi nei cimiteri, sulla cosiddetta “terra dei fuochi” e sulla pedofilia nella Chiesa. Ha lavorato anche per “Piazza pulita” (La7), Il Tempo, Adnkronos, E-Polis, Napolipiù, Roma, Il Giornale di Napoli e Il Giornale di Sicilia. Ha scritto tre libri di inchiesta (“Paradossopoli – Napoli e l’arte di evadere le regole”, ed. Vertigo 2010, “Che s’addà fa’ pe’ murì – Affari e speculazioni sui morti a Napoli”, ed. Vertigo 2011 e “La crisi fa 90”, ed. Vertigo 2012) e un libro di poesie (“Le vie della vita”, ed. Ferraro 1999). Ha ricevuto una targa dall’Unione Cronisti Italiani come riconoscimento per il suo impegno costante e coraggioso come giornalista di inchiesta. Ha ricevuto anche il Premio L’Arcobaleno napoletano dedicato alle eccellenze della città partenopea. È stato vittima di un’aggressione fisica da parte del comandante della Polizia Municipale di Napoli nel 2008 in seguito ad un suo articolo di inchiesta ed è riuscito a registrare con una microcamera nascosta l’accaduto e a denunciarlo alle autorità devolvendo poi in beneficenza all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli la somma ricevuta come risarcimento del danno subito.
Dal 2019 è il direttore di Quotidianonapoli.it