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Un Calcio senza “difesa” attacca il Coronavirus

Lo spettacolo che sta offrendo in questi giorni il mondo del calcio è pietoso per l’arrogante ignoranza e la saccenza con cui ognuno sta difendendo i propri interessi personali. Da Agnelli che nell’intervista fattagli domenica alle uniche domande serie e precise rivoltegli ha mostrato tutto l’imbarazzo e il fastidio possibile per domande che altri si sarebbero ben guardati dal fargli pena un ostracismo immediato, per finire a molti giornalisti moralisti della domenica e demagogici solo per la propria tasca. Imbarazzato Agnelli, anche perché non padrone della materia ma chiaramente convinto delle sue a volte farneticanti affermazioni che miravano solo ai tre punti che il giudice sportivo avrebbe dovuto dare di diritto alla sua squadra per il mancato rispetto del protocollo da parte del Napoli.
“Noi rispettiamo le regole e applichiamo il protocollo” ha chiosato il rampollo del casato torinese, ma non c’è chi avendo studiato un minimo di diritto non abbia subito capito che il Napoli non aveva violato alcun regolamento, anzi, e che il comportamento di De Laurentiis era in piena linea con le direttive di applicazione e anche i limiti di un protocollo che era stato accettato e firmato dai presidenti dei club di A quando i contagi da Covid-19 erano in netta diminuzione.


Ora che la situazione sanitaria in Campania e a Napoli in particolare è di massima allerta, cosa avrebbe dovuto fare di diverso De Laurentiis anche alla luce dei 20 e passa “positivi” registrati dal Genoa, squadra contro cui il Napoli aveva giocato?
Aveva invece fatto bene Preziosi, presidente del Genoa, a non chiamare l’Asl per ritrovarsi praticamente, ora, senza squadra per aver rispettato il protocollo?
Siamo d’accordo sul fatto che l’azienda calcio debba andare avanti finché si può e fin quando saranno attive le altre industrie nazionali, ma l’azione di De Laurentiis, a questo punto, anche al di là di altre reali o presunte motivazioni che l’hanno spinto ad agire… come sostenuto falsamente da Agnelli “violando il protocollo”, è diventata paradossalmente salvifica per il futuro del calcio e pure del campionato. Non è difficile intuire il dispetto fatto da De Laurentiis ad un intero ambiente dopo la negativa risposta, secca ed arrogante, del rampollo di casa Agnelli con cui si evitava qualsiasi trattativa o discussione per rinviare Juve-Napoli “per rispettare il protocollo”. Ora, l’escalation del Covid-19 con contagi che non risparmiano quasi nessuna squadra, è la cartina di tornasole di una situazione grave, gravissima per il Paese, che si è visto non risparmia neanche giovani, allenati e sani come i calciatori.
Rivedere il protocollo, in questo momento, è un dovere morale per Figc e lega. Il buonsenso non è un optional che può essere usato a senso unico per difendere falsamente “il ruolo sociale del calcio” e nascondere invece interessi di sola e pura natura economica. Questo fatto può essere la vera fine di un mondo che ha sempre pensato solo a se stesso, considerando il resto, tifosi, sponsor e gli stessi calciatori meri strumenti e pedine da utilizzare e sfruttare. A conferma di una governance inesistente e di una ignoranza di fondo di tutto il sistema calcio anche in momenti drammatici per il resto del Paese. Il vero problema ora, dopo la dabbenaggine estiva, quando non si volle metter mano alla riforma non più procrastinabile dei campionati professionistici (invocata anche da queste colonne, ndr) non valutando le possibili conseguenze di un ritorno del virus, non è salvare il campionato ma il calcio stesso. Perché mandare in campo, o essere costretti a mandare in campo i ragazzini della Primavera per il rispetto di un protocollo che non è norma sarebbe la fine di un mondo che, forse con troppa enfasi, è stato definito “la più grande fabbrica di emozioni del Paese”. Adesso aggiungeremmo anche di “illusioni” ma soprattutto delusioni.
È tutto surreale ed è desolante, per non dire vergognoso, che un Paese civile, in stato di guerra, perché quella contro il Coronavirus non è una battaglia ma una vera guerra contro un nemico invisibile e ancora misterioso per gli stessi scienziati, debba assecondare diktat folli ed esecrabiili di chi (e sono in tanti, soprattutto i presidenti e una genia di giornalisti nazional pallonari) pensa che i soldi debbano valere più della salute ed hanno coniato ed inventato per i tesserati contagiati dal Covid il termine “infortunio” per un virus che ha ucciso nel nostro Paese già più di 36mila persone!

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