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Porte chiuse, ora il rebus rimborsi

Spettacolo indecente fornito dalle società di serie A, tra egoismi e litigi

Lo spettacolo offerto in questi giorni drammatici dai massimi dirigenti delle società calcistiche di serie A è penoso. Di fronte ad un paese al collasso per un’emergenza sanitaria quale mai si era verificata nei tempi moderni, di fronte a tutta una serie di ricadute economiche pesantissime che abbracciano tutti i settori e che rischiano di provocare una ripercussione pesantissima sul pil (con tutte le conseguenze del caso), solo il nostro calcio pretendeva di passare indenne ed ha tentato fino all’ultimo, tra scenate e litigi, di continuare a coltivare il suo orticello, fregandosene della regolarità della competizione sportiva e soprattutto della salute dei suoi tesserati e dei suoi tifosi. Uno spettacolo indecente.
Nessuno è esente da responsabilità, anche se cronologicamente le prime opposizioni, stando almeno a quanto è trapelato (e non smentito) sono partite dal versante torinese e si sono poi propagate a macchia d’olio, transitando prima per Milano (con il giovane patron cinese che evidentemente non è ancora avvezzo ai sistemi democratici) e coinvolgendo poi anche Napoli, dove De Laurentiis non voleva arrendersi all’evidenza ed ha indotto la Lega a rinviare una partita che poteva svolgersi tranquillamente a porte chiuse, con ovvio ma ineluttabile danno per il Napoli, sia di incassi che di mancato sostegno ai giocatori.
Un atteggiamento miope, senza alcun respiro logico e lungimirante. Che cosa potrà mai rappresentare un mancato incasso di fronte al pericolo che le misure severe approvate mercoledì sera dal governo siano solo il primo passo verso decisioni ancor più draconiane e di fronte al rischio che il campionato venga definitivamente sospeso? Nulla. Opporsi alle porte chiuse è stato un errore clamoroso, fomentato da egoismi e rancori, dalle reazioni a chi da anni mostra arroganza nella gestione del potere (favoritismi, arbitri, Var e via dicendo) ed aizza appunto disdicevoli ma inevitabili comportamenti di rappresaglia.


E la partita non è finita. Perché al di là della considerazione che un’eventuale sospensione del campionato getterebbe nello sconforto totale il sistema-calcio, visto che si tratta di un’evenienza non contemplata dai regolamenti (scudetto assegnato? retrocessioni? piazzamenti per le Coppe?), sorgerà quanto prima il problema sia di come gestire i rimborsi per le semifinali di Coppa Italia rinviate, sia di come comportarsi di fronte a richieste di risarcimento per le quote degli abbonamenti da parte degli spettatori abbonati che non potranno assistere alle prossime partite di campionato. E qui entrano in ballo certamente altri profili che riguardano le clausole apposte al momento della sottoscrizione dell’abbonamento e firmate dal tifoso. Queste eventuali clausole anti-rimborso sono valide? Secondo il Movimento Consumatori assolutamente no. E ci si richiama agli articoli 1463 e 1464 del codice civile (impossibilità totale o parziale della prestazione dovuta). Il principio è stato anche riconosciuto nel 2019 dal Tribunale di Roma in seguito ad un’azione promossa dai Consumatori contro la Lazio. I club non potranno opporre alla richiesta di rimborso le clausole di scarico della responsabilità. In serie A Torino, Fiorentina e Bologna si sono adeguate. Continua invece il contenzioso in sede Antitrust con Inter, Milan, Roma, Lazio, Juventus, Cagliari, Genoa, Udinese e Atalanta. E De Laurentiis che farà di fronte ad una richiesta che in tal senso dovesse pervenirgli dagli abbonati, nei confronti dei quali pure ha mostrato un’apertura l’estate scorsa? Dato il personaggio è difficile fornire una risposta.

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