Premessa d’obbligo: il Napoli è ritornato al suo trend “normale” di errori, disattenzioni e disordine tattico e, quindi, c’ ha messo molto di suo per l’ennesima sconfitta stagionale… Ma era proprio necessario designare un arbitro sardo, per di più tra i più scarsi della categoria, per una partita che richiedeva polso e attenzione per entrambe le squadre? Il sardo si è rivelato… sordo – al richiamo Var per il fallo, netto, subito da Milik che forse avrà pure accentuato la caduta ma dopo il contatto – e cieco, perchè ha sorvolato in più situazioni consentendo ai giocatori salentini perdite di tempo notevoli e giocate sempre al limite del consentito a danno degli azzurri.
L’imprevedibilità del calcio, comunque, che resta una specie di elisir di lunga vita per questo sport ancora definito “il più bello del mondo”, (ma da chi? ndr) ha regalato l’ulteriore delusione di stagione ai quasi cinquantamila tifosi che erano tornati a riempire il San Paolo con il cuore gonfio di speranze dopo le recenti imprese degli azzurri. Eppure sembrava che gli inizi di gara fossero tutti favorevoli al Napoli che per i primi 25’ di gioco ha creato molto, favorito anche da diversi errori in uscita della retroguardia leccese. Pronti via e vedi subito un Napoli vivo, combattivo, convinto come lo vuole Gattuso. Milik alto di testa su cross di Mario Rui (10’), Zielinski che spreca, sempre di testa, la più facile delle conclusioni sempre su cross del portoghese (14’), Zielinski che approfittando di un errore di Donati sbaglia il tocco decisivo per Milik, solo davanti a Vigorito (19’), ed una conclusione di Mario Rui respinta in due tempi dal numero uno del Lecce (24’), scandiscono i tempi di gioco di un Napoli che sembra padrone del proprio destino e della gara. Tanto gioco, solo del Napoli, ma non basta. Corre, lotta, s’industria anche se Lobotka e Zielinski sono quasi sempre fuori posizione e fuori dal gioco mentre Politano, Demme e in parte lo stesso Insigne, anche se talvolta confusionario, sembrano in grado di far crollare l’arcigna e tosta difesa predisposta da Liverani. Nel calcio, però, punti e gol non si pesano in base alle azioni ma si contano. E il Lecce, alla prima occasione passa con Lapadula, che segna un gol facile facile dopo un cross di Saponara, migliore in campo, e il conseguente tiro di Falco respinto da Ospina sui piedi del centravanti. Tutto da rifare e fantasmi che ritornano a materializzarsi, con lo “sconforto” dell’ennesimo palo, esterno però, colpito da Insigne con una rovesciata a pallonetto, deliziosa ma poco fortunata (35’).
La ripresa, se possibile, diventa, tra gli errori di Giua e quelli degli azzurri e di Gattuso, una fiera degli orrori o quasi. Eppure il Napoli al minuto 48 riacciuffa la gara con una bellissima azione tra Insigne e Mertens, subentrato a Lobotka, con sovrapposizione del belga e cross a tagliare la difesa giallorossa per servire Milik, solo davanti alla porta, che per poco non manda alto il tap-in facilissimo. Dovrebbe diventare un’altra partita, tutta per il Napoli, invece gli azzurri si ammosciano d’improvviso atleticamente e subiscono le ordinate e attrezzate ripartenze dei giovanotti di Liverani che con Barak, Saponara e Falco spostano in alto il baricentro della propria squadra. Il Napoli concede confidenza e palleggio ai giocatori leccesi e così Falco trova tempo e modo per servire in area Lapadula che di testa brucia un disorientato Di Lorenzo per riportare avanti i suoi. Non finisce qui, perchè i cambi estremi di Gattuso, Callejon per Politano (61’) e Lozano per Insigne (76’), scollano ancora di più una squadra volenterosa ma senza idee, vanamente protesa al pareggio. Il tris salentino arriva da punizione di Mancosu (81’), fischiata per un fallo tattico di Mario Rui teso a evitare l’ennesimo contropiede dopo un fallo non fischiato da Giua in favore del Napoli. La rete di Callejon al 90’ serve solo a scaldare i tifosi convinti di un nuovo miracolo che però non si materializza. Si materializzano, invece, i soliti problemi di una squadra che spreca tanto per mancanza di cattiveria sotto porta e poi non riesce a rimanere ordinata alle prime difficoltà. L’emorragia di sconfitte in campionato riprende come un bruttissimo compagno. Così l’Europa resta un miraggio. Inspiegabile l’andamento lento, per non dire schizofrenico, della squadra al San Paolo. E ci torna in mente una bella canzone di Bobby Solo che faceva così: “Non c’è più niente da fare… È stato bello sognare”.
I sogni azzurri, sono durati lo spazio di solo 180 minuti. Gli incubi per i tifosi, invece, sembrano non avere fine in questa stagione maledetta.