MODULO: si torna alla vittoria. In una giornata dove si sarebbe potuta perdere anche la seconda posizione in classifica a distanza di una settimana dall’aver perso la prima, si esce vincenti da una partita tutt’altro che banale e dal risultato scontato. Non tanto per la qualità della Fiorentina che resta abbastanza modesta pur con qualche ottima individualità, quanto per un assetto della nostra squadra che ha sì trovato un nuovo e forse più redditizio terminale offensivo con il duo Raspadori/Lukaku, ma che per disposizione difensiva richiede una soglia di attenzione ed una abitudine al modulo che esigono sforzi clamorosi da parte dei calciatori. C’è un dato molto semplice e significativo e anche poco citato dai tanti esperti di statistiche applicate al calcio che dimostra questo assioma: il Napoli, nelle 8 partite di campionato in cui ha giocato con la difesa a 3, ha subito la media di 1,25 gol. Con la difesa a 4 ha giocato 20 volte subendo l’incredibile cifra per un numero così alto di incontri di 0,65 gol a partita, praticamente la metà. Inoltre, di queste 20 ne ha giocato ben 9 con un ottimo Juan Jesus ma senza Buongiorno, il centrale più forte della squadra e uno dei migliori del campionato. Quindi si spera ardentemente che questa soluzione della difesa a tre venga riposta in cantina al più presto, a maggior ragione per il fatto che la fascia sinistra è tornata a pieno regime, peraltro con uno Spinazzola in forma smagliante.
VOLATA: detto che abbiamo recuperato Buongiorno e Spinazzola, Olivera è già disponibile e a breve torneranno arruolabili anche Neres e Anguissa che molti non valutano con abbastanza enfasi essere stati i migliori in assoluto di un girone di andata giocato da tutti a livelli altissimi. Con l’organico al completo, con una panchina che ha mostrato di essere all’altezza (si raccomanda di chiedere scusa nelle preghierine della sera a Billing, Okafor, Manna e ADL) e con un tecnico tra i più abili a riassettare la squadra in maniera esemplare secondo le contingenze, non si può non essere ottimisti sul fatto che ce la giocheremo fino all’ultimo. La considerazione appena fatta sulla difesa a 3 meno performante di quella a 4 non è certamente un minus del tecnico ma solo una conseguenza inevitabile di una situazione di emergenza, come detto, in via di risoluzione. Ciò che serve per poter rimanere da quelle parti e tentare il colpaccio è solo una cosa: la capacità di concentrazione. Abbiamo il miglior allenatore al mondo per abilità di mantenere i calciatori sul pezzo. Comunque vada, sarà bellissimo.
DANNI: confesso che sono in confusione. Metto da parte la personale repulsione per la squadra bianconera per fare una valutazione, per quanto mi riguarda, quanto più possibile obiettiva ed equidistante. A conferma di tale premessa, posso giurare che avrei detto lo stesso, magari con termini differenti, se al posto di McKennie ci fosse stato un Di Lorenzo o un Rrahmani. Mi domando come possa nascere il dibattito “c’è/non c’è” per il rigore che è stato assegnato all’Atalanta, per il terzo tempo con schiacciata dell’americano della juve, che manco Paola Egonu in trance agonistica da finale mondiale. Da cosa nasce questa messa in discussione di un fatto che raramente è stato così oggettivo come un fallo di mano con un braccio teso verso l’alto che si muove in direzione della palla? Pongo la domanda in termini differenti ma utili a sviluppare il ragionamento: prendiamo la stessa identica azione e spostiamola, senza andare troppo lontano, a cinque anni fa. Quale essere umano con la minima cognizione di causa avrebbe contestato un fallo di mano del genere? Credo che nemmeno il più intellettualmente disonesto tra gli juventini avrebbe osato negare che si trattasse di una minchiata del calciatore. Perché oggi si riesce a creare polemica su qualcosa di così solare? Ed in questo caso alla fine il rigore fortunatamente è stato assegnato. Stessa domanda per il fallo di mano di Dumfries della scorsa settimana. Anche in quel caso, cinque anni fa non si sarebbe neanche azzardata un’ipotesi di irrilevanza di quel braccio sullo svolgimento dell’azione. Chi bazzica il dibattito calcistico in qualunque angolo del globo sa perfettamente che l’unica discriminante che ha avuto sempre più o meno influenza sulle decisioni, è stata se il braccio fosse attaccato al corpo o meno. Allora qual è il motivo di questa estensione della opinabilità di un gesto che è sempre stato abbastanza semplice da interpretare? La mia teoria è banale: c’è bisogno di lasciare vie di fuga libere per poter giustificare il livello infimo che ormai ha raggiunto la classe arbitrale e per farlo bisogna infarcire di fronzoli ciò che potrebbe essere diviso in semplicissimi “sì” e “no”. Il problema è che questo rende il VAR una invenzione completamente inutile. Guarda caso, l’unica funzione del VAR che rimane inappellabile è quella del fuori gioco, che è puramente legata a fattori oggettivi e ad apparecchiature elettroniche. Per utilizzare questa tecnologia non sono necessari un secondo e un terzo arbitro ai monitor di Lissone, ma basta soltanto avere un tecnico informatico con diploma di specializzazione ottenibile con un corso di formazione di qualche settimana. La gestione dei regolamenti non è mai stata così confusa e al momento non si vede via di uscita da questo cul de sac. Arriverà presto il giro di vite, se non altro perché di questo passo si rischia il collasso. Nel frattempo preghiamo che gli errori vengano bilanciati dalla statistica e che non siano la malafede e il malaffare a dettare determinate decisioni. Qui si resta profondamente convinti che queste caratteristiche nefande appartengano ormai al passato, però i danni che si stanno facendo con gli attuali livelli di incompetenza, rischiano di essere peggiori di quelli fatti da Calciopoli