REALISMO: togliamoci subito il pensiero. Sulla partita con l’Udinese e sul pareggio c’è poco da piangere. Conte è stato perfetto nello spiegarne i motivi. Il Napoli è molto più avanti di quanto gli consentirebbe la sua potenza di fuoco, ma in questo momento sta tirando fuori il massimo da quello che ha a disposizione. Accadde lo stesso due anni fa in maniera ancora più clamorosa. Inter, Juve, Milan, Roma hanno un monte/ingaggi (e quindi valore intrinseco della rosa) molto più elevato del Napoli, che è quasi uguale a quello della Lazio, eppure siamo noi ad essere avanti a tutti alla ventiquattresima. In particolare l’Inter paga quasi il doppio i suoi calciatori rispetto ai nostri. Le possibilità di rimanere in testa fino alla fine del campionato sono decisamente più basse di quelle che ci vedano in posizioni di rincalzo e piangere per un risultato che sembra penalizzante è davvero sciocco. Fate i bravi e ringraziate con la faccia per terra allenatore, presidente, dirigenti e calciatori per quello che stanno facendo, che il Napoli è uno spot di come il duro lavoro consenta di ridurre il gap con chi se la gioca pompando denari che spesso non ha. Vale a dire esattamente il rovesciamento dell’illusione di superiorità morale che spesso i razzisti del nord usano come arma contro di noi.
PROTOCOLLI: il VAR è inutile. Doveva e poteva essere un modo per limitare gli errori ed invece li sta moltiplicando. Gli arbitri perdono certezze e sono sotto pressione perenne, non c’è praticamente nulla che funzioni nel protocollo e probabilmente chi coordina il settore arbitrale non è all’altezza del compito assegnatogli. La punibilità dei falli di mano è diventata un compendio di trigonometria e fisica applicata con spruzzatine di anatomia e psicologia: angoli, dinamica, arco, tangente, coseno, coerenza, attitudine ed un’altra quintalata di pippe mentali, hanno trasformato un fatto semplicissimo, la mano che tocca la palla, in un intrigo indistricabile. Stesso dicasi per uno sgambetto in area o un fallo di reazione. Due sono le strade: o cambia completamente il protocollo o tra poco al posto del VAR servirà la CIA. E in questo trionfo di incapacità misto ad approssimazione, è stato rieletto Gravina col 98,7% dei voti. Ognuno ha il Putin che si può permettere.
FRIARIELLO: della vicenda criscitiello, l’imprenditore che pretende di mettere davanti alle sue discrete capacità di arrampicatore sociale, quelle modeste di giornalista, mi resta molto poco. La gag, il “licenziamento” in diretta, la figura da peracottaro “live on air” sono state imbarazzanti ed a tratti irritanti, ma hanno portato molta acqua al mulino dello stesso criscitiello e del suo comico di fiducia, alla luce del fatto che il calcio genera come poche cose al mondo, posizionamenti molto polarizzati indipendentemente dal livello di educazione di cui si è portatori. Se sfotti o provochi la Juve, troverai milioni di consensi tra gli interisti, i milanisti, i napoletani, i fiorentini etc. Se fai lo stesso col Napoli, troverai altrettanti adepti tra chi tifa per altri. Il fatto è normale e naturale, talvolta perfino quando si sfocia nell’insulto, che però va più soggetto ad assumere caratteristiche di autolesionismo. Mi riferisco ad esempio al coro fatto dai nostri tifosi al Maradona domenica sera, che recitava “chi non salta tu lo sai cos’è? E’ un friulano, pezzo di merda”. Considerato che Meret e Scuffet sono nativi di Udine centro, quanto idioti bisogna essere per insultare non uno, ma entrambi i portieri della tua squadra? Ma fin qui siamo nell’ordinaria amministrazione del trogloditismo basico legato al tifo calcistico. Molto meno degno di dissertazioni antropologiche e molto più legato ad una ingente povertà intellettuale è l’insulto razzista. Quando sullo stadio c’è il “buh” al calciatore nero di turno, oppure quando si fanno cori sul popolo napoletano sporco, ignorante, parassita e cafone, lì brucia decisamente il culo. E questo non vale solo per i napoletani e i neri, ma per quasi tutte le squadre del sud e delle isole (tipo il vomitevole coro “tornerete in serie behhh” cantato dai milanisti contro i cagliaritani al Meazza qualche settimana fa). Ecco, in quel caso trovo che l’indignazione diffusa sia un dovere morale da parte di ogni cittadino evoluto. Proprio quando accadono queste cose vanno levati gli scudi come abbiamo fatto in occasione degli insulti razzisti a Koulibaly o quando abbiamo trasformato il coro razzista degli altri (“Vesuvio erutta”) in un inno all’autoironia, disinnescando debbotto svariate decine di migliaia di idioti sparpagliati qua e là per l’Italia. Siamo mediamente tacciati di vittimismo ad ogni piè sospinto, ma in quei casi abbiamo semplicemente messo le palle in testa ai razzisti senza piagnistei e con la creatività. Proprio per questo motivo, girano enormemente i coglioni da qualche giorno a questa parte, nel leggere in ogni angolo del web ed anche in mezzo a talune strade sotto forma di striscioni, insulti a criscitiello in quanto avellinese, con associazioni tra la sua provenienza ed appellativi come campagnolo, pecoraro, zappatore etc. Questi sono esattamente lo stesso tipo di insulti razzisti che fanno incazzare noi napoletani come bestie. E purtroppo a lanciarli sono anche persone diuncertolivello. La cosa deprimente è che quando lo si fa notare, la reazione è esattamente la stessa di quella che hanno gli imbecilli che cantano “Vesuvio, lavali col fuoco”, cioè quel chesaràmai tipico di chi non distingue un fascio di friarielli da un fascio littorio.
Poi, per quelli che non colgono il senso, c’è pure un’altra sfaccettatura: se dai del coglione a un coglione, offendi lui, se gli dai del pecoraro perché irpino o del parassita perché napoletano o del magnagatti perché Vicentino, offendi un popolo che non ha colpa nell’avere un concittadino coglione. Un coglione è un coglione, punto