Home Calcio Napoli Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni…

Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni…

Diciamo che otto gol (OTTO) in due partite sono un discreto cucchiaio di fraveca da chiavare in bocca alle ciucciuvettole professioniste. Però…

 

SUSSULTO. Per quelli di noi che hanno un tifo fulltime, l’irritazione al limite dell’eczema alla lettura e all’ascolto delle performance delle prefiche da stadio o da divano (che per me pari sono) è stata totalizzante. Ma questo cantiere aperto che è il Napoli edizione 2023-24 non può essere giudicato come risorto dalle proprie ceneri esattamente per lo stesso motivo per cui non poteva essere giudicato come ridotto in cenere. Belle partite, sprazzi di grande gioco, ma contro avversari che sono lontani almeno una categoria dalle squadre più in forma del momento. La Lazio, che è squadra apparentemente in una esatta via di mezzo, ci ha insegnato che la concentrazione e la tenuta fisica sono determinanti per non farsi infilare come un marshmallow da uno spiedino. Al momento, la miglior descrizione che si può dare a questo abbozzo di filotto è che si è trattato di un primo sussulto.

Tra le cose che mi fanno più ridere/incazzare in mezzo alle migliaia di stronzate lette in questo sommovimento nichilista nei confronti di un Napoli in rodaggio, quella che vince su tutte per distacco è “perché Garcia ha toccato una macchina perfetta?”. In sostanza Garcia avrebbe dovuto chiamare Spalletti e chiedergli come allenare, magari facendogli anche uno squillo durante le partite per avere l’ok sulle sostituzioni.

 

EQUILIBRIO. Il Napoli ha molte cose da mettere a registro e questo richiede tempo. Un Napoli instabile può tranquillamente battere l’Udinese e il Lecce, ma potrebbe ancora prendere delle sonore mazziate con squadre di alto livello perché non ci si avvicina neanche ad una macchina perfetta. Proprio per questo motivo, in questo momento si dovrebbe sostenere la squadra quando stenta e non esaltarsi quando diventa Hulk sotto effetto di qualche prodigio congiunturale. E’ presto per tutte le reazioni umorali perché rispetto allo scorso anno ci sono alcuni giocatori ancora parecchio sottotono (Mario Rui e Olivera su tutti ma anche JJ), altri la cui solidità è ancora da dimostrare (Ostigard e i tre nuovi), altri che stanno finalmente uscendo da un periodo un po’ troppo lungo di scarfamento delle candelette (Anguissa e Kvara), altri ancora il cui ruolo è stato rimodulato con risultati appena discreti (Raspa) o non proprio entusiasmanti (Lobo). Per ora, gli unici che ho visto mantenere una buona lena sono solo Zielo, Politano e Capitano. E poi c’è lui, che anche stavolta merita una voce a parte.

 

PARACULO. Avevo scritto la terza voce nell’immediato dopo partita e quindi, come accade da quando le giornate di campionato sono spalmate in tre giorni, alcune chiavi di lettura rischiano di diventare obsolete nello spazio di un pomeriggio. In questo caso avevo criticato nuovamente il suo atteggiamento smorto e strumentalmente offeso e, ancora una volta, l’imperdonabile cancellazione delle foto in tenuta azzurra, riconoscendogli il diritto di essere un Higuain qualunque senza mai poter ambire ad essere un Cavani, un Lavezzi o un Mertens. Niente di male, niente di strano. Si può scegliere di essere figurina piuttosto che bandiera, non si può alienare, soprattutto a chi ha i suoi trascorsi di vita, il diritto di mettere il denaro e la fama davanti all’immortalità, soprattutto quando questa resterà circoscritta ad un luogo molto ben definito (salvo chiamarsi Maradona). Auspicavo una sua mossa per riassestare l’ambiente e il suo inqualificabile atteggiamento e la mossa è arrivata. Un coriandolo per tappare un buco nero. Non vorrei essere frainteso, detesto quasi sempre quelli che baciano lo stemma e dichiarano amore eterno. Quello è folklore, non è amore. L’amore non lo dimostri con un gesto banale e facilmente ripetibile ma con le scelte di vita. Puoi tenere casa a Posillipo anche se sei nato nelle Fiandre e non hai più motivi per restare, puoi rinunciare a vagonate di soldi per far crescere i tuoi figli nella città più libera di un paese libero. Scrivere quattro cazzate sentimentaloidi non è quello che serviva per rattoppare la propria verginità e sembra davvero solo un modo per spostare qualche voto nel referendum tra quelli che ti schifano e quelli che ti giustificano.
Confermare, bontà sua, che “i napoletani non sono razzisti” merita un corale “grazie al cazzo” che riecheggi nel cosmo all’infinito. Verrebbe da parafrasare l’immortale frase di Paolantoni: “non siamo noi che siamo razzisti, dei tu che non capisci una mazza”. Comunque, ammesso e non concesso che servissero quattro scemenze scritte per riaggiustare la pazziella, quello che avrebbe dovuto scrivere il nostro criaturo, non doveva essere nulla di diverso da: “Scusatemi. Ho agito di istinto. Mi sono offeso perché ho trovato la presa in giro un po’ troppo sopra le righe, ma riconosco che il razzismo non c’entri nulla. Togliere le immagini dal mio profilo Instagram è stato un gesto istintivo e sciocco che spero mi perdonerete. So di aver dato uno schiaffo a chi si spella le mani e si schianta le corde vocali per sostenermi. Ho offeso milioni di napoletani e di questo mi scuso senza condizioni”. Parola più, parola meno, parola diversa, in questo momento la palla dello stronzo sta nel campo suo, checché possano sostenere forzosamente gli odiatori del presidente o dell’allenatore, quindi servivano scuse incondizionate e non una difesa d’ufficio del popolo napoletano con cui il popolo napoletano ci si può gioiosamente sciacquare le palle.

E scusate se ho detto sciacquare.

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