Venerdì sera ho dovuto resistere ad una tentazione fortissima: girando intorno allo stadio per arrivare al varco di ingresso ho incrociato Giuffrida, o Giufferdi, o Giuffré, o-come-cazzo-si-chiama e avrei voluto fermarlo e chiedergli: ma alla fine, in fondo in fondo, nel profondo dell’anima, intimamente, l’hai capito che granda figur’ ‘e mmerda hai fatto?
SENTORE: in napoletano fieto (del miccio). Una caratteristica che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni e totalmente seppellita dalle varie incapacità che si sono chimicamente combinate lo scorso anno, è che apparare in corso d’opera una partita che si mette male è prassi, soccombere è eccezione. Certo, le partite stregate esistono sempre (ricordo una sconfitta inspiegabile per 2-1 contro lo Spezia di Thiago Motta in cui abbiamo giocato praticamente da soli) ma difficilmente, se non per l’intero anno passato, abbiamo vissuto partite a pacche ’nzerrate per paura di subire l’iniziativa dell’avversario. Col Como si è sentito il fieto del miccio dopo quindici minuti, e si è capito che il gol-lampo di quel mostro di McTominay poteva non aver significato nulla. La differenza con le partite del trittico Garcia-Mazzarri-Calzona, quando la sensazione era che non ci stessimo capendo una mazza, sta nel fatto che il Como ci è stato superiore esclusivamente per meriti propri e non per demeriti nostri, o meglio, non per demeriti dettati da svogliatezza e incapacità di reagire. Il Como ha giocato veramente un grande calcio ed ha esposto un paio di fattori alla pubblica ammirazione, sui quali si può già scommettere che in futuro saranno a stipendio del gotha del calcio mondiale: Fabregas come allenatore e Paz come calciatore. Abbiamo visto un Napoli tutt’altro che sotto tono anche nel primo tempo, soccombere tatticamente in ogni punto del campo, perennemente in affanno alla ricerca della contromossa e quindi impossibilitato a prendere l’iniziativa
MAESTRO: in napoletano masto. Eccoci al nostro primo, e speriamo non ultimo, atto di contrizione per aver osato esprimere giudizi “a pelle” sulla scelta di Antonio Conte quale masto di festa per il new deal della SSC Napoli a gestione delaurentiana. Gli si rimproverava il suo essere intimamente juventino ed ha gestito nel migliore dei modi la sua posizione non negoziabile di ex, rispettoso del proprio passato. Già l’essere riuscito a convincere buona parte della piazza ad accogliere come plausibile questa opzione, è un indice di enorme potere contrattuale, laddove non si parla di vincoli di natura economica ma di capacità di ottenere rispetto. Gli si rimproverava l’aver messo le mani avanti in maniera intempestiva e vittimistica nelle sue prime uscite ai microfoni da allenatore, ma il senno di poi costringe ad “umanizzare” quelle esternazioni pessime, riportandole ad una più che accettabile paura del fallimento. Non poteva non essere atterrito alla soglia di una avventura molto, ma molto più ricca di incognite e rischi, anche irreversibili per una carriera da rilanciare, che di possibilità di successo. Diciamo che, visto il modello psicologico del nostro, era più semplice mettere le mani avanti che assumersi responsabilità in bianco. Si poteva fare di meglio ma si possono anche comprendere certe frasi discutibili. Quello che sembra veramente difficile da continuare a mettere in discussione anche per i più inveterati detrattori, è che quest’uomo non abbia un tocco magico nel metodo di lavoro e nelle competenze tecniche. Se è vero come sembra, che ogni singolo calciatore acquistato quest’anno sia una indicazione sua e del suo staff, se è vero come sembra che i calciatori siano entrati a pieni giri già dalla seconda di campionato (ma solo perché alla prima erano ancora col segno della mutanda per il troppo sole), se è vero come sembra che chi sta in panchina aspetta paziente e chi viene tirato fuori dal campo, al massimo si lascia andare al borbottio sommesso, se è vero come sembra che è capace di coinvolgere nell’entusiasmo più esaltato chiunque gli sia intorno quando c’è un gol o c’è il triplice fischio di una partita vincente, se è vero come sembra che sia tutt’altro che integralista nella scelta degli schemi e che stia zittendo tutti quelli che gli rimproveravano una ortodossia tattica ed una incapacità a gestire le variazioni in corso d’opera come quella tra la difesa a tre o a quattro, allora forse ci rimane ben poco da discutere. Quello che personalmente mi ha fatto già quasi del tutto cambiare idea su di lui è un dettaglio apparentemente trascurabile: non ricordo di aver mai, e dico mai, visto Conte scherzare e ridere in conferenza stampa e nelle interviste. Magari accadeva pure e viste le pur vincenti squadre che ha allenato in passato, semplicemente non me ne sono mai accorto, ma il fatto che questa cosa sia diventata sistematica, mi dà la netta sensazione che Conte non sia mai stato rilassato e dentro un progetto come qui ed ora. Magari mi sbaglio, magari è solo un’illusione. Questo era solo il primo atto di contrizione nei suoi confronti. Come dicevo spero non sia l’ultimo e spero di non tornare mai indietro nelle considerazioni su di lui. Ma in questo momento, quando lo guardo mi si fanno gli occhi a cuoricino
LUKAKU: in napoletano Cannavone. Una menzione speciale la merita quest’ometto qui. Risulta davvero incredibile il rapporto qualità/produttività del gigante belga in questo momento. Sbaglia molto ma non fa quasi mai danni, sta qui da un mese e si comporta con credibilità come se fosse qui da dieci anni, è amato e rispettato praticamente da tutti nonostante valga mezzo Osimhen, ma soprattutto riesce a convertire in oro una quantità abnorme di quello che gli passa per i piedi. Tre gol e quattro assist in 5 partite di campionato ed un assist in una partita di Coppa Italia significano una cosa semplice semplice: se mai riuscisse ad entrare in piena forma sarebbe devastante e colmerebbe il gap che lo separa dal biondo nigeriano e non si possono neanche immaginare i numeri che potrebbe fare. Il rovescio della medaglia è purtroppo che non essendo più un ragazzino ed avendo collezionato in passato una bella sfilza di errori terrificanti, conoscendo la platea che oggi lo osanna, nel momento in cui dovesse cannare una sequenza di partite, pregherà di essere crocifisso in piazza piuttosto che sopportare il supplizio degli insulti che gli pioveranno addosso. Speriamo per lui che faccia prima a vincere qualcosa con noi e che smetta di giocare subito dopo