Home Calcio Napoli Coronavirus e calcio: Auré, fattene ‘na raggione, nun se gioca

Coronavirus e calcio: Auré, fattene ‘na raggione, nun se gioca

In Italia, nonostante i progressi registrati nel numero dei contagiati, si continua drammaticamente a morire. E il mondo del calcio che solo per qualche giorno sembrava rinsavito, si è rianimato ed ora,i soliti (non vi facciamo i nomi, tanto li sapete) hanno ripreso a fare la voce grossa perché vorrebbero far riprendere il campionato. Non vogliono arrendersi all’evidenza: la stagione è finita, non c’è nulla da fare. I soliti pensano ancora di poter decidere loro e non hanno capito, e nessuno riesce a farglielo intendere, che non hanno nessuna possibilità di decidere un bel nulla, perché dovranno attenersi alle decisioni del governo. E il governo ha ufficialmente prorogato la quarantena a dopo Pasqua, ma ufficiosamente si sa che la nuova data reale è il 4 maggio.

Da quel giorno, se tutto dovesse andare bene, graduale ripresa. Graduale, lenta, meditata, cauta, ragionata e concessa in base a priorità logiche. Certo verrebbero privilegiate imprese, università e scuole. Figuriamoci se un governo benpensante potrebbe mai concedere il via libera, da subito , ad una macchina così pericolosa come le partite di calcio, con tutta la movimentazione anche indotta che ne conseguirebbe, quand’anche si dovesse giocare a porte chiuse.

E poi non è che avuto il via libera le squadre potrebbero scendere in campo il  5 maggio. Tutti i preparatori atletici consultati sono stati espliciti: occorerebbero almeno due settimane, meglio tre, di preparazione graduale dopo più di due mesi di inattività. Diciamo che si andrebbe a giugno. Quindi in due mesi, considerato che ad agosto sarebbe impossibile giocare (ma anche da metà luglio) si dovrebbero disputare 12 giornate e mezza di campionato, un po’ di semifinali e finali di Coppa Italia e vari match di Champions ed Europa League. Tutto questo ammesso e non concesso che effettivamente il governo desse il via libera il 4 maggio anche alle manifestazioni sportive (ma Spadafora ha anticipato che per tutto maggio non se ne parla), e fermo restando il dubbio che sia poi davvero il 4 maggio la data di fine quarantena. Tutti periodi ipotetici di ventesimo tipo. E senza considerare che le decine di calciatori ammalitisi di coronavirus potrebbero davvero riprendere l’attività in così breve tempo? Su questo punto nessuno si è mai pronunciato, ma certo i medici sportivi dovranno valutare una situazione nuova ed imprevista anche per loro. E quelli che sono fuggiti all’estero, quando avranno la possibilità di rientrare, dovranno giocoforza sottoporsi ad un periodo di quarantena in Italia. Non sarebbero pertanto subito abili e arruolabili.

Il fronte dei presidenti, per fortuna, non è comunque compatto. I realisti non mancano. Qualcuno li accusa di esser realisti per comodità. Sarà pure così, ma certo ragionano con il buon senso.

Cairo del Torino e Commisso della Fiorentina l’hanno detto apertamente che per loro non ci sono i presupposti per terminare la stagione. Cellino si era espresso categoricamente in tal senso già quindici giorni fa. I panni sono andati stretti a Tare, il portavoce di Lotito: «Interruzione ingiusta, si deve andare avanti per il rispetto dei morti». Che c’azzeccano i morti, avrebbe detto Di Pietro. Accanto alla Lazio come è sempre stato nelle recenti riunioni di Lega, l’immancabile De Laurentiis. Fosse stato per lui i ragazzi sarebbero già a Castelvolturno ad allenarsi da dieci giorni. Poi il ministro Spadafora gli ha fatto capire che le sue decisioni valevano men che zero e sembrava essersi rassegnato. Sembrava. Aurè, fattene ‘na ragione: nun se gioca.

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