Il punto sulla Nazionale. Il pareggio con il Portogallo a reti bianche è l’ennesimo risultato che non soddisfa
Triste, solitario y final. Nel senso che la final four della nuova competizione internazionale, la Nations League è stata mancata dalla giovane Italia di Mancini che non è Mazzini. Sornione e concreto il Portogallo campione d’Europa. Un ostacolo insormontabile, anche senza Cristiano Ronaldo. La Milano che beve ed opera e lavora aveva risposto: presente. Zeppo come un uovo il Meazza, come l’anno scorso quando contro la Svezia la brigata del signor Sventura fallì la qualificazione al mondiale. Stesso risultato di allora: zero a zero. Ospite in tribuna il Tavecchio di tutte le gaffes possibili. Ha portato male, un po’ di cabala va considerata. E però bisogna chiedersi perché questa rappresentativa affidata a Mancini è frizzante come una coppa di champagne che ti lascia l’amaro in bocca. Assomiglia tanto alla sua guida: Mancini è stato un fior di giocatore, sempre bello a vedersi ma poco incisivo e mi riferisco al suo rapporto con la Nazionale, naturalmente.
È la Nazionale dei piccoletti. Avete visto quando era schierata per ascoltare gli inni? Bonucci aveva al suo fianco Insigne e Verratti che a stento gli arrivavano alla spalla. E poi, Barella, Chiesa e Florenzi. La Banda Bassotti che però è un bel vedere. Lorenzino è stato magnifico per un tempo e poco più. E comunque è stato lui a chiamare Rui Patricio alla parata salvifica. Il portierone portoghese si ripeterà sullo scavetto di Immobile lanciato al bacio da Verratti. Gioco brioso, possesso palla infinito (non sempre ti fa vincere le partite), una sola parata di Donnarumma detto Dollarumma giunta al 76’ della ripresa. Il che vuol dire che il dominio territoriale sui portoghesi campioni d’Europa, e senza Cristiano Ronaldo, c’è stato. Ma non è bastato. Un po’ sarriana e un po’ guardiolesca la manovra degli azzurri manciniani. Che, a mio modesto avviso, avrebbero dovuto tiquitacare più su e “riempire” con più uomini l’area di rigore lusitana. Volti noti quei due terzini in rosso: lo juventino Cancelo e il napoletanissimo Mario Rui che sono stati tra i migliori. E quel trio che fu di Pescara e che brillò sotto Zeman si sbatteva e correva e fintava e dava di punta e di tacco, ma niente. Il trio dei piccoletti che è cresciuto e s’è affermato: Insigne, Immobile, Verratti. Quest’ultimo sbarcato a Parigi è divenuto anche fine bevitore di vini ed è stato beccato alla guida dell’auto un po’ allegretto. Ah, Parigi o cara! Nonostante Macron. La roccia Chiellini, capitano con cento presenze, settimo nella graduatoria degli azzurri di sempre. La roccia, e sì che è fatto di pietra. Durante un volo turbolento gli sbattei contro le ginocchia e non vi dico, che dolor. Torniamo a noi. Avvertita l’assenza di Bernardeschi che ha sinistro nobile. Avvertita la breve presenza di Lasagna, nel senso che ho pensato al Carnevale. Notato il disagio di Chiesa, per una volta chiesetta di campagna. Martedì amichevole con gli Usa a Genk. Mancini proverà altri giovani di belle speranze. Provare, vedere, cercare. Sperando di trovare un attaccante doc. E chissà se in futuro rivedremo Balotelli. Magari con orecchini meno appariscenti.