E si scoprì che Giulio Tarro aveva ragione. Il 25 aprile scorso riportammo alcune sue dichiarazioni, che vi riproponiamo: “C’è la terapia e non è l’uovo di Colombo. Mi sto battendo per la sieroterapia che è la cosa più naturale di questo mondo. E funziona! Ci sono studi e interventi che lo dimostrano ampiamente. curarsi con gli anticorpi dei guariti. Si iniettano nei pazienti, anche quelli attaccati al respiratore o in situazioni gravi, 200 ml di plasma, e non ci sono problemi di incompatibilità, e le persone si salvano. In 48 ore non c’è più il virus”.
Titolammo: con la sieroterapia salvi in 48 ore. Ed ora quelle sue affermazioni cominciano a trovare riscontro nella realtà.
A Mantova e Pavia è stata sperimentata la terapia al plasma contro il Covid-19 su 80 pazienti. Risultato: “Nessun decesso”.
Già da qualche tempo, la sperimentazione che vede la terapia con il plasma, ricco degli anticorpi sviluppati da chi ha sconfitto il virus, sta dando i suoi frutti. In Italia il San Matteo di Pavia e l’ospedale Carlo Poma di Mantova hanno registrato i primi risultati, a detta dei ricercatori, incoraggianti.
La tecnica è complessa e nota: “Noi alla Emory University – ha spiegato il virologo Guido Silvestri – lo abbiamo già utilizzato nel 2015 per l’Ebola”. E ci sono altri studi internazionali, pubblicati ormai da mesi, che elogiano il trattamento.
La terapia al plasma, come sosteneva Tarro, è semplice: avviene tramite delle infusioni. C’è un donatore e ci sono dei pazienti che lo ricevono. In particolare la parte più liquida del nostro sangue è composta da acqua, proteine, nutrienti, ormoni, quindi senza elementi corpuscolati (ossia globuli rossi, globuli bianchi e piastrine), ma soprattutto c’è una quota di anticorpi che si sono formati dopo la battaglia vinta contro il virus: i cosiddetti anticorpi neutralizzanti, che si legano all’agente patogeno e lo marcano. L’unico svantaggio, che sembra non essere insormontabile secondo gli esperti, è la virtuale impossibilità di standardizzare il plasma, considerando la variabilità da donatore a donatore. A Mantova e Pavia sono stati “arruolati volontariamente donatori di plasma, che hanno risposto a delle caratteristiche fondamentali. Una in particolare: devono essere donatori guariti da Coronavirus”. La guarigione viene accertata con due tamponi sequenziali e la diagnosi deve essere stata fatta con un tampone positivo. I guariti donano 600ml di sangue. A questo punto il plasma, ricco di anticorpi, può essere congelato e durare fino a 6 mesi in stoccaggio. La sperimentazione: “Il nostro protocollo è ambizioso. Tra Mantova e Pavia abbiamo trattato quasi 80 pazienti (con problemi respiratori gravi ma non gravissimi) col plasma di guariti da Covid-19 e, tutti presentavano problemi respiratori gravi, nessuno è deceduto. La mortalità del nostro protocollo finora è zero”.
Lo ha affermato a Radio Cusano Giuseppe De Donno, primario del Reparto Pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova. A Mantova “abbiamo creato una banca del plasma. Creando banche plasma in giro per l’Italia riusciremmo ad arginare un’eventuale seconda ondata”. “Siamo riusciti a Mantova, insieme con Pavia, a realizzare questa sperimentazione che è molto seria. Abbiamo cercato di trovare un’arma magica – spiega De Donno – che ci permettesse di salvare più persone possibili. Non abbiamo mai detto di aver creato qualcosa di nuovo, abbiamo perfezionato un’idea che già esisteva”. Il nostro protocollo, sottolinea, “è ambiziosissimo”.