100 anni di vita fisiologica ed artistica per Andrea Camilleri e mentre le repliche di Montalbano vanno a palla e ragranellano piú di una partita di cartello della Nazionale di calcio si pensa al lascito dello scrittore siciliano. Al di là dell’invenzione di una lingua e di un’atmosfera Camilleri ha insegnato al nostro Paese qualcosa che rimarrà negli anni a venire: la laicità. Chi meglio del suo personaggio principe Salvo Montalbano da Vigata ha rappresentato questo lascito? Il commissario lungi dall’essere l’ennesimo radical-chic italiano agisce nel reale con una sua curiosità di fondo che lo spinge a dare una taliatina nelle porte aperte. Ma queste porte non si aprono che su spazi pubblici: non c’è niente di morboso nelle indagini del Vossia. Tutto questo si accompagna ad un rispetto delle fragili umane vicende che per un inquirente italiano – quasi sempre pruriginoso come nella tradizione del Tommaseo di turno – fa specie. Primato del lavoro, rispetto delle funzioni ma non dei poteri esercitati ad minchiam: tutto questo è il mantra vitale di Montalbano che non ingigantisce la Mafia ma la combatte con la legalità e che pone il suo bisturi investigativo sulla malata società civile italiana. Anche nella sua vita privata Salvo Montalbano non perde tempo a cianciare sulla moralità altrui ma si pone sempre in una dimensione laterale ed acritica rispetto alle tragiche vicende umane. Anche nel rapporto con le donne niente dogmi ma solo abbandono ad il sentire. Saprà accogliere la società italiana il senso del laico che ci fa tutti cittadini ed uniti?
Vincenzo Aiello