Lo scrittore americano è da anni affascinato da Napoli. Alla città ha dedicato anche un libro
Lo scrittore americano Benjamin Taylor, classe 1952, è tornato a Napoli, questa volta a Capri per prendere parte al Festival internazionale “Le Conversazioni”, ideato da Antonio Monda e Davide Azzolini il cui tema quest’anno è stato “Felicità/Happiness”.
Membro fondatore della facoltà di New Graduate Writing Program della New School di New York è componente della facoltà di Scrittura della New School e docente di Scrittura presso la School of the Arts della Columbia University. Già socio della John Simon Guggenheim Memorial Foundation, attualmente ne è il fiduciario, oltre ad essere stato recentemente nominato presidente della Edward F. Albee Foundation.
Tanti anche i suoi lavori letterari apprezzati in tutto il mondo, ricordiamo Proust: The Search, selezionato come miglior libro del 2016 da Thomas Mallon del New York Times Book Review; Naples Declared: A Walk Around the Bay, scelto come miglior libro del 2012 da Judith Thurman del New Yorker; Tales Out of School e The Book of Getting Even. La sua opera più recente inoltre, The Hue and Cry at Our House, racconta un anno memorabile nella vita dell’autore e della sua famiglia. L’autore nel libro dedicato a Napoli ha speso parole molto affascinate per la nostra città elencandone le mille virtù, non solo delle sue bellezze paesaggistiche ma anche del popolo così vero e travolgente non escludendo le sue grandi problematiche. Non potevamo dunque perdere quest’occasione per incontrarlo e conoscere qualcosa in più di lui chiedendogli in primis:
Cosa è per lei la felicità?
«Per me essere felice vuol dire non aver paura. È avere scopo, direzione, produttività. Frequentare vecchi e nuovi amici e visitare posti nuovi».
La felicità può darla anche la lettura di un buon libro?
«Assolutamente sì. Non sei mai solo quando leggi».
Lei in un’intervista di qualche anno fa manifestò apprezzamento per Giambattista Vico. Cosa le piace di questo illuminato autore?
«Lui ti invita a comprendere gli eventi dal punto di vista storico come se il tutto, compreso noi stessi, fosse una particella avvolta nel flusso degli avvenimenti storici».
Nel libro Naples Declared lei afferma che la città sia vittima di stereotipi agli occhi del mondo. Di chi è la colpa?
«A mio avviso il problema sta nel fatto che il visitatore tipico veda Napoli così brevemente e male, senza dunque approfondirne l’intensità, che si allontana con i pregiudizi con cui arriva».
Libri come Gomorra non pensa che aiutino a questa idea solo negativa della città e dei suoi abitanti?
«Penso che Gomorra e il suo eroico autore raccontino al mondo delle verità necessarie anche se scomode. La mia ammirazione per Roberto Saviano è sconfinata».
Se dovesse dare un aggettivo ai napoletani quale darebbe?
«Ospitali».
Dal punto di vista culinario qual è il suo piatto preferito campano? E i dolci?
«La Pezzonia è sicuramente il pesce più delizioso del mondo. I dolci non li mangio!».
Magari la prossima volta che viene in città le propongo un tour enogastronomico così potrà raccontare la città anche da un altro punto di vista. Che ne pensa?
«Mi dica la data che mi organizzo!».
Bene dunque abbiamo un appuntamento importante! Vi terremo informati cari lettori.