Una delle cose che mi ha lasciato più perplesso durante le registrazioni del nostro programma televisivo “Brigantiggì” è stata certamente la constatazione che i napoletani, pur vantandosi di possedere una propria lingua, riconosciuta a livello mondiale, spesso non conoscevano i significati delle parole. Non di rado, neanche alcune parole. Passi per i giovani, ma che persone più mature non ricordino più le parole della loro lingua mi sembra davvero grave. Da una piccola analisi è emerso che il napoletano parlato, lo “slang” cittadino, è diventato qualcosa d’altro e ben lontano dalla grazia originale: termini come “pariare” (con la derivazione “pariare ‘ncuoll’ a qualcuno), “frate a me”, “frate a te”, “te voglio fa capì a te…”, ecc. non sono solo volgari: sono di stampo camorristico. Queste parole del napoletano degradato sono fiorite negli anni ’80, quando la Nuova Camorra Organizzata si espresse al massimo livello, diventando – per la sua organizzazione ed efficienza criminale – più credibile di quello Stato italiano che, da queste parti, non c’era mai stato. Il napoletano-slang è l’ultima eredità di quel modello di società, venuto avanti accompagnato dalla colonna sonora di alcuni neomelodici strettamente collegati alla cultura delle carceri e dei latitanti, che noi innamorati di Napoli non possiamo accettare. Sento persino alcune voci radiofoniche definire “napolegni” i napoletani del popolo, quelli che una volta venivano definiti “veraci” nel mondo, “lazzari” invece da quei giacobini del 1799 che, sostenendo di voler parlare (in francese…) in nome del popolo napolitano, per farsi capire meglio li riempirono di cannonate dall’alto di Castel Sant’Elmo. Napolegni: ma che andiamo dicendo? Noi siamo stati da sempre, per le altre nazioni europee, i “Napolitani”, noi e tutti gli abitanti del Regno delle Due Sicilie in quanto sudditi del Regno di Napoli o abitanti della sua capitale. Siamo stati una nazione e vogliamo limitarci nel ghetto della delinquenza di piccolo cabotaggio?! Ben vengano le iniziative dei corsi di lingua napoletana, che fioriscono un po’ ovunque con una meritoria azione culturale di ripristino di qualcosa che si va perdendo in certi casi, perpetuando in forme deprivate e volgari in altri. Nascere napoletani è un valore: come per la nostra lingua, cerchiamo di non dimenticarlo mai.
Napolitani e Napolegni: e la lingua napoletana?
Attenti allo slang, non ci rende il giusto onore