C’è, in queste giornate di angoscia, un dato, poco commentato perché sfugge alla logica delle statistiche vere, ma che è comunque significativo: ogni giorno in Italia ci sono più cretini che contagiati. I cretini sono gli spavaldi o gli incoscienti che non hanno capito nulla, che quand’anche volessero farsi del male da soli tutto sommato potrebbero anche essere tollerati, ma non comprendono che oltre a farsi del male, lo fanno, e drammaticamente, soprattutto agli altri. Questi cretini girano per la Pignasecca e alla Sanità come nei giorni di Natale, scendono di casa per andarsi a fare una canna, ingaggiano sfide di corsa in moto nelle strade deserte, si riuniscono per giocare d’azzardo, vanno nelle loro chiese, a seconda dei culti (per fortuna i cattolici sono più timorati in tutti i sensi, non solo di Dio) a pregare e persino si appartano in auto per consumare un amplesso extra moenia.
Il dato statistico è surrogato dal numero di denunciati e di multe elevate ogni giorno dai tutori dell’ordine, che superano, in Italia, le diecimila. Quindi esattamente più del doppio dei contagiati che ieri erano quattromila. E il governo non sapendo più a quale santo appellarsi si è visto costretto ad aumentare le multe, nella speranza, temiamo ahimé vana, che i cretini almeno la gravità pecuniaria della sanzione la capiscano. Bisogna poi vedere come, quando e se le multe saranno pagate effettivamente. Ma questo è un altro discorso.
Naturalmente qui la questione assume poi una specificità tutta partenopea. Da un lato gioca l’innata predisposizione al mancato rispetto delle regole. E non si può certo immaginare che un’epidemia, per quanto maligna ed esiziale, potesse nel giro di poche settimane modificare stili di vita, strafottenze anarcoidi, usanze inveterate, incancrenitesi nei secoli e nel moderno sempre più emergenti di fronte al lassismo di un potere centrale distratto, reso inoffensivo dalla cronica mancanza di forze e di uomini. Dall’altro lato è davvero crudele chiedere a questa popolazione il sacrificio di tapparsi in casa, soffocata com’è nei suoi tratti distintivi più caratteristici: la propensione alla creatività (che per la verità continua ad esplicarsi con i mille video in rete), alla convivialità, alla solidarietà, alla celebrazione di “feste e festulelle”. Non vogliamo individuare scusanti, sarebbe fuori luogo. Ma è sicuro che nel tasso di cretinismo acuto che furoreggia in questi giorni, una percentuale di concausa è sicuramente determinato da queste ultime considerazioni.
Visto che non vogliono arrendersi, nei giorni scorsi ci siamo permessi di commentare che i quaranta militari mandati in più a Napoli non servono assolutamente a nulla. Ce ne vorrebbero almeno venti volte tanti. E che magari li spediscano nelle zone calde, dove a Napoli lo sanno anche le pietre, il tasso di cretinismo è sicuramente più elevato. Purtroppo in momenti come questi la prevenzione non esiste, non ha alcun senso e nessuna deterrenza. Occorre reprimere e duramente, poi faremo tutti i discorsi di questo mondo sulle libertà costituzionali e sulla necessità di rivedere la magna carta, anche in relazione ai poteri esorbitanti delle regioni. Ora dobbiamo vincere la guerra contro il virus e bloccare la perdita di vite umane. Sessanta anni fa, con i primi vagiti della tv in bianco e nero, c’era un scketch mirabilmente eseguito da Walter Chiari e Carlo Campanini, durante il quale il primo, nell’introdurre il secondo, che recitava il ruolo dell’imbranato, pronunciava la famosa frase: “Vieni avanti cretino”. Oggi agli imbranati deficienti che continuano a bighellonare per le strade della città come se niente fosse, bisognerà invertire l’invito: “Vade retro, cretino”.