Terzo appuntamento con i racconti dell’emergenza sanitaria mondiale vista dai napoletani che vivono all’estero e possono illustrarci le condizioni nel loro paese adottivo e il loro sguardo sulla nostra città in questo momento così complesso. Oggi la testimonianza arriva dall’Asia: Marco Zazzera è un ingegnere che lavora per una società multinazionale che opera nel settore energetico e da oltre un anno vive a Jakarta.
Da quanto tempo non torna a Napoli?
Da capodanno, purtroppo quest’anno è stata la prima volta che non sono riuscito a tornare per Natale.
Prima dell’emergenza sanitaria tornava spesso a Napoli?
Non quanto avrei voluto. In passato, senza figli riuscivamo a tornare più spesso, anche ogni 2 mesi. Ora il discorso è più complesso.
L’emergenza le ha impedito di tornare in questo periodo o non avrebbe potuto farlo ugualmente?
In realtà ci stiamo pensando. È possibile che rientreremo dall’Indonesia, ci auguriamo temporaneamente, tra qualche settimana, visto che la situazione mondiale diventa sempre più difficile e in questi casi è preferibile tornare nel proprio paese. Non abbiamo ancora deciso se fermarci a Napoli o a Milano.
Come sta vivendo l’emergenza a Jakarta?
Siamo in quarantena a casa da circa un mese. Per fortuna viviamo in un condominio stupendo abitato principalmente da expat, con tanti servizi e aree all’aperto. Ormai è mezzo vuoto perché molte altre famiglie sono tornate nei loro paesi. Quindi passiamo la stragrande maggioranza del tempo in appartamento: mia moglie (ottima cuoca) si diletta a cucinare in casa i prodotti (pasta, pane, pizza) e ci concediamo solo qualche ora ogni tanto nella piscina dei bambini quando è completamente libera. Per fortuna il condominio ha chiuso gli accessi a persone esterne, anche il personale che lavora qui deve dormire nel condominio e all’interno c’è un piccolo supermercato che ha tutto quello che serve. Poi la consegna a domicilio funziona ancora molto bene. Basta disinfettare quello che arriva in portineria.
Può raccontarci brevemente la situazione in Indonesia?
Il Covid si è iniziato a diffondere in ritardo rispetto all’Italia. I casi ufficiali sono circa 5.000 con 500 morti. La maggior parte proprio a Jakarta, ma si teme che i numeri possano essere molto più alti. Ci hanno detto di cadaveri per terra avvolti in sacchetti per “evitare” il contagio. Si temono disordini sociali e furti a causa del fatto che molte attività sono state fermate e la gente è senza lavoro. Abbiamo letto sul giornale che hanno liberato 30.000 detenuti a causa del Covid.
Come viene gestita l’emergenza sanitaria?
Anche questo aspetto non è chiarissimo. Abbiamo letto che l’athletes village degli Asian Games 2018 è stato convertito in ospedale di emergenza per Coronavirus. Per fortuna non abbiamo esperienza con ospedali pubblici qui.
E il governo del paese com’è intervenuto per gestire la conseguente crisi economica?
Non abbiamo notizie. La gente inizia ad avere fame secondo noi, come in tutti in paesi colpiti in modo importante.
Come vede da lì l’emergenza in Italia e a Napoli in particolare?
Questo virus è una guerra, bisogna avere un approccio rigido e cercare di contenere l’emergenza. Sono d’accordo con le misure restrittive che sono state implementate in Campania.
Pensa che quest’emergenza possa cambiare le abitudini di chi vive all’estero in relazione alla possibilità di mantenere i rapporti con la sua città?
Temo proprio di sì. A mio giudizio cambieranno le abitudini globali, non solo di chi vive all’estero. La chiave sarà trovare un vaccino che funzioni prima che sia troppo tardi per l’economia
Dalle informazioni che ha, crede quindi che l’Italia possa uscire dall’emergenza prima del paese in cui vive?
Penso proprio di sì, anche perché la curva dell’Indonesia è dietro a quella dell’Italia; e anche perché la densità abitativa a Jakarta è incredibilmente alta.