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Bloccati da mesi al largo della Cina

L’appello al Governo dei marittimi italiani fermi dallo scorso 29 giugno all’esterno del porto di Huangua, senza poter approdare

Ennesimo appello dei marittimi italiani bloccati da oltre cinque mesi al largo della Cina in una “prigione galleggiante” a causa dell’intrecciarsi delle tensioni commerciali tra Pechino e l’Australia con le misure restrittive contro la pandemia. Alcuni sono in mare da ben 16 mesi, roba da appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo… Ma la loro voce stenta ad essere ascoltata dal nostro governo nel pieno del caos antiCovid.
Si tratta degli uomini del mercantile Mba Giovanni della società armatrice napoletana Bottiglieri che trasporta un carico di carbone prelevato il 12 giugno in Australia. Un equipaggio di 19 persone (dai 25 ai 60 anni) di cui 6 italiani e tredici filippini. Dal 29 giugno, sono fermi all’esterno del porto di Huangua, senza poter approdare. Per problemi insorti con l’Australia, infatti, la Cina vieta lo scarico del carbone. Per l’emergenza sanitaria, non è consentito agli uomini di scendere a terra e di effettuare il cambio d’equipaggio. L’armatore allora ha chiesto di lasciare almeno spostare la nave in altre acque, Sud Corea, Hong Kong, Filippine, affinché i marittimi potessero lasciare il cargo e rientrare a casa. Ma neanche questo è stato possibile.

A settembre un appello del comandante, Giuseppe Pugliese, di Monte di Procida, al premier Conte. Martedì scorso un altro Sos è arrivato dal terzo ufficiale di coperta, Davide Erbi, di Napoli (e poi ci sono Adam Pugliese; Alessio Aliberi, Luca Porcelli e Antonio Pollina). Un dramma che rischia di trascinarsi al 2021. Nel frattempo, continuano i regolari servizi a bordo, la manutenzione. L’armatore provvede a inviare i viveri. Ma da troppo tempo i marittimi non vedono le famiglie. E senza sapere se, e quando, si sbloccherà la situazione, c’è da impazzire. “Chiediamo che il governo italiano intervenga col governo cinese e ci riporti a casa”, ha detto Erbi. Sono decine le navi ferme nelle rade dei porti cinesi per la guerra del carbone, situazione aggravata dalle misure antiCovid che impediscono lo sbarco del personale navigante in territorio cinese. Tra queste, altre due navi napoletane, come la Antonella Lembo della società armatrice Fertilia, arrivata il 29 luglio. Anche in questo caso, non è consentito scaricare il carbone. Né scendere a terra. Né effettuare il cambio di equipaggio. Né spostarsi nel vicino porto di Tanjin, distante poche miglia, per effettuare il cambio e tornarsene a casa… “Abbiamo viveri e tutto quello che ci serve”, ha detto il primo ufficiale di coperta Tommaso Scotto di Perrotola, procidano, intervistato mercoledì da Gianni Occhiello della TgR Campania, “ma è da un anno che non vediamo le nostre famiglie, e ciò influisce sulla tenuta psicofisica del personale”.
Eppure l’Italia – sia per la disponibilità sul fronte delle nuove tecnologie digitali 5G (ritenute a rischio spionaggio dagli Usa) sia per le mire di Pechino sui porti italiani nell’ambito della “nuova via della seta” – avrebbe modo di intervenire con efficacia.

 

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