L’anno scorso Pasqua si festeggiò il 21 aprile. Quattro giorni prima del 25, e quindi di un lunghissimo ponte che durò praticamente tutta la settimana. Napoli celebrò il record di turisti in città. Mai così tanti, nemmeno nei giorni affollati prenatalizi, con la fiumana di ospiti che paralizzano San Gregorio Armeno e via Tribunali. Tutto esaurito negli alberghi, ristoranti che traboccavano di prenotazioni, e lunghe file nei musei: migliaia e migliaia di visitatori al Museo Nazionale, lunghe file a Capodimonte, code fino a cinque ore per vedere il Cristo velato.
Tantissimi i vacanzieri stranieri o provenienti da altre città italiane, che affollano le strade del capoluogo campano, dal Centro Storico al Lungomare, passando per le vie dello shopping cittadino fino ad arrivare al Vomero. Numeri da record anche per l’aeroporto di Capodichino, con molte compagnie, tipo EasyJet costrette a raddoppiare i voli.
Il calendario favorevole ha anche permesso ai turisti di organizzare una permanenza più duratura in città. La media annuale si aggira sulle 2,5 notti, ma in questo periodo, in gran parte, si raggiungono i 3 pernottamenti di media, con punte anche di una settimana
Oggi la cartina di tornasole del turismo scomparso si trova negli alberghi formalmente aperti, ma con presenze zero. Molti hanno persino chiuso, inutile a stare ad aspettare, con tutte le prenotazioni cancellate. C’è chi amaramente commenta: siamo stati aperti da più di cento anni, è la prima volta che chiudiamo. Che tristezza. Un dramma. Per non parlare dei ristoratori,che già pregustavano il pienone per tutta la settimana santa.
Nella classifica di presenze di turisti del 2019 il primo comune del Sud Italia presente in graduatoria era Napoli, all’undicesimo posto con circa 3,7 milioni di presenze, pari allo 0,9% di presenze sul totale nazionale, e in crescita del 13,6% rispetto al 2018. Numeri impressionanti, quest’anno sarà il default. Certo subiranno tracolli anche tutte le altre città. Ma non si può ragionar con il mal comune mezzo gaudio. Qui di gaudio non ce n’è proprio nemmeno un decimo.
E quando il contagio sarà finito, come si potrà ripartire? Sarà durissima. Gli operatori immaginano una ripartenza del turismo a ritmo dell’Italia degli anni Cinquanta. E cioè un turismo di prossimità, fatto di gite fuori porta, escursioni nelle valli e in montagna. Con i campani che saranno turisti in casa propria. Anche i tour operator si adeguano. Il primo player del settore in Italia, che è la società torinese Alpitour, si sta attrezzando per una stagione all’insegna del made in Italy, alla riscoperta del Paese.
Morale, almeno per un lungo periodo di tempo dovremo dimenticarsi le vacanze all’estero, specie in quei paesi in cui il contagio sarà arrivato più tardi di quanto invece non abbia fatto, precocemente, in Italia. Per i tour operator sarà un danno gravissimo, chissà come lo stato potrà venire loro incontro. Noi ci arrangeremo e molti scopriranno la tenuta di Carditello, l’anfiteatro di Capua e quello di Benevento, le rovine di Avella e quelle millenarie di Nola e tanti altri tesori sconosciuti ai più. Dovremo accontentarci.