A Napoli, nelle ultime settimane ed ancora di più all’indomani delle sconfitte con Juventus in Supercoppa italiana e Verona in campionato, i tifosi azzurri sono nostalgici. Del gioco del Napoli di Sarri, così come del carattere grintoso del Napoli di Mazzarri. Di sicuro nel calcio si vince con due ingredienti che non devono mai mancare: il gruppo unito ed un gioco in grado di garantire risultati in entrambe le fasi, quella difensiva e quella offensiva. In alternativa al gioco, è chiaro, si vince avendo tanti campioni in squadra, come ha fatto per anni la Juventus di Allegri che non ha mai avuto un gioco piacevole da guardare ma ha sempre portato a casa il risultato di vincere il campionato con le giocate dei suoi campioni. Ora, sapendo che il Napoli non può permettersi di comprare campioni né vuole, per scelta societaria, puntare su campioni divenuti “anziani” e quindi che costerebbero poco o sarebbero addirittura a parametro zero, ecco che l’unica soluzione praticabile è quella di puntare su un allenatore che abbia delle idee di gioco molto chiare e le trasmetta con forza alla squadra.
Di fronte a partite, come le ultime degli azzurri, in cui la squadra non offre nessuna trama di gioco interessante con i giocatori che sembrano non sapere nemmeno a chi dare la palla, la perdono puntualmente e poi non si aiutano nemmeno in campo, viene in mente che qualche anno fa, con Maurizio Sarri in panchina, si era sopperito con un gioco imparato a memoria da Insigne e compagni alle carenze di un organico privo di campioni e di alternative in panchina. Alternative che il Napoli di Gattuso ha quest’anno. E proprio quel gioco, il Sarrismo, faceva sembrare gli undici azzurri dei giocatori di un’altra categoria rispetto a qualsiasi squadra avversaria, non a caso anche contro la Juventus, seppure sconfitto, il Napoli non demeritava ma, al contrario, si aveva l’impressione che i bianconeri avessero vinto senza meritare.
Adesso, Aurelio De Laurentiis può confermare Rino Gattuso alla guida del Napoli ma a patto che riveda le scelte fatte finora che non hanno portato a nulla. Solo 34 punti in campionato nel girone d’andata e il primo obiettivo, la Supercoppa, fallito malamente senza nemmeno giocare e lottare. Gattuso sembra attuare un tipo di gioco molto “individualista”, dove sono poi i giocatori in attacco a dover inventare la giocata mentre quelli in difesa, disposti a zona e non in marcatura, puntualmente commettono errori fatali e non sono nemmeno “coperti” dal centrocampo che già affanna di suo. Specie da qualche partita con Bakayoko a terra sul piano mentale e fisico. Il problema, però, è che tutti gli azzurri sembrano scarichi sia sul piano fisico ma purtroppo soprattutto su quello mentale non mostrando mai quel “veleno” che chiede Gattuso ma che, come lui stesso ammette, “non si compra al mercato”. Ma se i giocatori continuano a mostrare questa lacuna di cattiveria agonistica, e se il tecnico continua a non riuscire nel suo intento di trasmetterlo e premesso che non lo si può comprare al mercato, il risultato è che questo “veleno” non si vedrà mai in campo. La verità è che quando sbagliano prestazione tutti i giocatori (ad eccezione di Lozano che gioca da solo) e ciò accade così spesso, è segno che qualcosa non va nello spogliatoio. Manca il gioco ma manca anche la mentalità vincente. Quella che hanno i campioni che il Napoli non ha.
Decida De Laurentiis quale strada vuole seguire ma esca una volta per tutte dagli equivoci: o si comprano i giocatori oppure sulla panchina del Napoli ci vuole un allenatore (alla Sarri per intenderci oppure lo stesso Sarri magari) che attraverso un gioco ben delineato, dia dei compiti precisi ai giocatori facendo sì che anche quelli tecnicamente meno dotati sembrino più forti degli avversari e si valorizzino sul mercato. Come fa Juric a Verona, per esempio. E come faceva lo stesso Sarri a Napoli, dove i vari Jorginho, Hysaj e Ghoulam erano richiesti da grandi club europei così come gli altri compagni di squadra, da Hamsik a Insigne, da Callejon a Mertens, sembravano campioni. Chiosa finale sulla mancanza di leadership: giocatori come Pepe Reina non andrebbero mai mandati via, specie se la rosa è composta da giovani che vanno guidati e che devono comprendere che giocare a Napoli comporta un grande amore ma anche una grande responsabilità. Vedere il Napoli sbagliare passaggi su passaggi e non reagire, subire gol e invece di attaccare subito gli avversari continuare a fare tocchetti inutili all’indietro, sinceramente è deprimente.
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