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Ma come si fa a giocare?

Nonostante sia impossibile stabilire un giorno certo per la ripresa delle partite, i vertici del calcio insistono a dare date

Ribadisco per l’ennesima volta che questa stagione calcistica tanto disgraziata è meglio vada archiviata senza né vinti né vincitori. Lasciamo perdere le “fughe” di Higuain, Khedira, Pjanic, quella di Ibrahimovic o la positività al Covid-19 di diversi giocatori di serie A che hanno costretto in isolamento forzato i loro compagni di squadra, perché è ben altro il problema che si dovrà affrontare da qui ad un mese e mezzo. E già ci sono polemiche e scontri addirittura sulla ripresa degli allenamenti che Claudio Lotito, presidente della Lazio e mentore e tutor di Paolo Dal Pino, presidente della Lega di A, intenderebbe anticipare sin da lunedì prossimo senza attendere la data stabilita ad oggi del 4 aprile. Con lui sembrano orientati a ripartire in anticipo anche Cagliari e, ahi ahi, Napoli. Ciò a dispetto di molti club, Juventus ed Inter per primi, ma soprattutto della volontà dell’Aic di tutelare i propri tesserati. C’è poco da dire, anche in momenti di enorme tragicità, il mondo del calcio non si smentisce tra egoismi ed interessi di bottega.

Insomma, nonostante il momento, e i tentativi anche dell’Europa politica, il calcio invece non riesce proprio a fare squadra. Soprattutto in Italia. Lotito, come Trump come Johnson o come più di recente il presidente bielorusso Lukashenko che ha sentenziato: “in Bielorussa ci basta fare saune e bere vodka per uccidere questo virus che è solo diventato una psicosi” ? Intanto, mentre tutti i campionati si sono fermati e proprio la premier ha dato uno stop fino al 30 aprile, salvo complicazioni, in Italia già montano contrasti e polemiche perfino sulle date degli allenamenti… Figurarsi per la ripresa del campionato che Nicola Gravina, forte di una dichiarazione del ministro Vincenzo Spadafora ritiene possa avvenire il 3 maggio prossimo. Si può dare un giorno certo di fronte ad una situazione tanto incerta dalla quale non sai quando e come ne uscirà il Paese vista la costante e continua evoluzione del virus? Ma gli interessi in gioco sono alti, perché se non si conclude il campionato le tv potrebbero reclamare un pesante risarcimento ai club. Non è una semplice ipotesi ma un pericolo concreto, senza contare il problema degli stadi vuoti se, come sembra, la soluzione è di riprendere a giocare a porte chiuse. E il vero nodo da sciogliere, aggiungo sommessamente, è proprio questo: un campionato che riprende senza tifosi sugli spalti, in piena emergenza Coronavirus – non dimentichiamoci della delibera datata 31 gennaio del Consiglio dei ministri che ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi a far data dal 31 gennaio stesso – con strutture quali i bar, i pub, i ristoranti, le sale scommesse ancora chiuse, deve porre all’attenzione di chi governa non solo la struttura federale ma il Paese il problema del modo in cui le televisioni, Sky e Dazn, titolari dei diritti in esclusiva delle partite di campionato diffonderanno le immagini delle partite in programma. La base di partenza del ragionamento è molto semplice: non tutti sono abbonati alle televisioni detentrici dei diritti televisivi in esclusiva. La partita, per chi non va allo stadio, e sicuramente il 3 maggio non ci saranno i tifosi da stadio, è momento di aggregazione tra amici e conoscenti nei locali pubblici o tra le mura domestiche. Chiusi ancora gli esercizi pubblici, chiusi gli stadi ai tifosi, chi è tifoso rinuncerà a vedere in diretta la propria squadra senza avere la voglia di chiedere asilo ad un amico, ad un parente, ad un condomino? E quali sarebbero gli effetti di questa aggregazione scriteriata, scriteriatamente progettata dai sapientoni del pallone? Si cominci prima a valutare subito la possibilità concreta di trovare un accordo per la visione in chiaro delle partite e poi si discuta su eventuali date. Che non possono dare Spadafora o Gravina ma solo il Coronavirus e i medici e gli scienziati che stanno giocando una partita ben più difficile e importante delle 124 gare che mancano alla fine del campionato.


A meno che il mondo del calcio non se ne fotta di contagi e morti e pensando solo a se stesso, voglia dare una nuova chance più… “popolare” al Covid-19. C’è un libro che in questo momento sta avendo grande risonanza e successo scritto da John Kerr, un mental coach di fama, che si intitola “Niente teste di cazzo”, motto degli All blacks. È possibile che il calcio sia riuscito a metterne tutte insieme così tante?

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