C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo azzurro del Napoli. Anzi, d’antico, come direbbe il poeta. Si chiama Lorenzo di nome e qualcuno, ricordando Lorenzo de’ Medici signore di Firenze, soprannominato il “Magnifico” per il suo mecenatismo e l’amore per l’arte e per il bello, ha deciso in passato che quell’aggettivo, Magnifico, calzasse a pennello anche per il Lorenzo da Frattamaggiore. Salvo poi, criticarlo e coinvolgerlo in polemiche spesso fuori luogo anche contro i tifosi, quando il “nostro” Magnifico diventava un giocatore normale, spesso ingombrante per prestazioni anonime, cosa che capita a tutti, soprattutto, forse, a chi ha impresse nel Dna le stimmate della genialità e della classe pura. Non ha mai avuto, in verità un rapporto lineare e sincero con i suoi allenatori. Con Mazzarri giocava poco, con Sarri, insieme ai compagni, fece capire che non si trovava a giocare a ridosso delle punte e il “Comandante”, che a Torino poco comanda, si ritrovò con un tridente ed un gioco che gli valgono ancora un contratto milionario che Lui, fino a un lustro fa, manco si sognava sedendo sulla panchina dell’Empoli. Nel bene e nel male, insomma, Lorenzo ha deciso i destini suoi e della squadra per la quale tifa e gioca da bambino. Ma anche quelli dei suoi allenatori. Con Ancelotti, alle prime reti segnate, fu amore a prima vista con dichiarazioni da innamorato verso il tecnico più vincente d’Europa: “Il mister mi ha messo nella posizione ideale per puntare verso la porta e sto raccogliendo i frutti del nostro lavoro”. Poi dal 4-4-2 con licenza di accentrarsi, sorgono i primi problemi per un Napoli che in Champions non sbaglia un colpo ma in campionato diventa molle e senz’anima perdendo punti su punti. Lorenzo, come al solito, finisce nel calderone dei giocatori più contestati. Come con Sarri, in molti chiedono un ritorno al tridente de “un giorno all’improvviso” ma Ancelotti (padre o figlio o tutti e due? n.d.r.) fa orecchio da “Re” e preferisce la strada dell’Autoesonero con le sirene inglesi sempre più forti e certe.
Lorenzo più che essere il Magnifico sembrava pagare quel “Nemo propheta in patria” che a Napoli ha colpito molti ottimi giocatori, da Musella a Improta da Montefusco a Pasqualino Casale, talento sedicenne svezzato da Vinicio, da Coppola, portiere, a De Rosa e Floro Flores.
Poi, con l’arrivo di Gattuso, uno che non le manda a dire, che è stato un signor giocatore facendo del lavoro, della perseveranza e della tenacia le sue armi vincenti pur senza essere un fuoriclasse, le sorti degli azzurri e soprattutto quella di Insigne sembrano aver cambiato percorso. Con il nuovo tecnico non solo tutto il gruppo ha voltato pagina dopo un’ iniziale sofferenza, ma in particolare Insigne ha cambiato marcia e modificato l’atteggiamento. Non che prima fosse un “capuzziello”, questo no, ma il vederlo ora macinare chilometri su e giù per la fascia sinistra, andare in difesa a sbrogliare a destra situazioni intricate, fa capire che qualcosa di particolare Gattuso deve avergliela trasmessa, così come ha fatto Roberto Mancini in nazionale che da Lorenzo ha sempre quella giocata diversa e geniale oltre a qualche golletto importante. Lorenzo tornato “Magnifico” alla corte di Gattuso, gioca, si diverte con e per i compagni ma soprattutto si sacrifica in silenzio, duramente e senza lasciarsi andare, almeno per ora, in plateali contestazioni se viene sostituito. Se segna, esulta, è felice ed incita i compagni e peccato che domenica sera non ci fossero i tifosi al San Paolo per andare sotto la curva a braccia levate e non con l’indice sul naso…
Gattuso deve avergli toccato le corde giuste per motivarlo e invogliarlo a dare ancora di più. L’ha definito smart, uno veloce,di gambe ma soprattutto di cervello. “E’ Intelligente” ha detto Ringhio. Molti avevano dei dubbi. Non chi scrive perché sa che la maturità può arrivare anche con qualche po’ di ritardo ma se hai cervello arriva. E che Lorenzo avesse “cervello” lo si capiva dal suo modo di vivere la professione, sempre con serietà. Forse, ha esagerato qualche volta per troppa generosità, per il fatto che proprio i suoi concittadini non gli perdonassero il minimo errore o una prestazione non all’altezza delle sue enormi capacità tecniche. Parole di rabbia dettate dal cuore e dalla voglia di essere all’altezza delle aspettative altrui. Ha lasciato Raiola o, forse, Raiola lo ha lasciato nel momento in cui Napoli e il Napoli, durante e dopo il lockdown, sono diventati o ridiventati l’amore di sempre con i tifosi a salutarlo e chiamarlo sotto casa mentre si allenava sulla balconata davanti a un panorama fantastico e unico. Poco importa. E forse sto enfatizzando troppo, oppure no, ma permettetemi di pensare che un uomo del Sud, vero e leale come Gattuso, ha operato il definitivo salto di qualità mentale e di maturità per il talento più importante e puro del panorama calcistico nazionale. Il gol contro la Roma, realizzato al minuto 37 del secondo tempo, quando le squadre avevano ormai le pile scariche, è il segnale di un Insigne maturo come atleta e come uomo. la sua felicità, l’abbraccio con i compagni una sorta di canto liberatorio a cui mancavano solo i quarantamila del San Paolo. E’nato, speriamo in modo definitivo, l’uomo, non lo scugnizzo, che a 29 anni ha trovato la giusta dimensione per divertirsi ed essere un protagonista con tutta la voglia e la grinta di essere sempre colui che si prende responsabilità e fatiche anche per oltre che con i compagni. Lorenzo da Frattamaggiore, alias “Il Magnifico”, sta allenandosi e giocando con la grinta e la nuova responsabilità che gli ha dato Gattuso, ma soprattutto con la convinzione di una napoletanità di chi vuole essere e diventare una Bandiera più che profeta in patria. Magari per riproporre e intonare con Ringhio da Corigliano Calabro “Un giorno all’improvviso” in versione nazionale e tricolore da uomini del Sud di Cuore e soprattutto di “cervello”.