Home Calcio Napoli Dammi tre parole: focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Dammi tre parole: focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

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dopo sosta forzata di un paio di settimane della rubrica, rimettiamo mano alle tre parole con una novità non esattamente prevedibile a seguito della paliàta subita a Verona. La novità è che non dobbiamo più stare intossicati per una settimana intera dopo aver visto la partita, cosa che non accadeva da troppo tempo. Non ci siamo più abituati.

 

NOVITA’: quali sono? Cosa è cambiato? Come siamo riusciti ad arrivare a questo punto? 
Non staremo qui a ripetere la frase che ciascuno dei commentatori del Napoli ripete “a pappardella” da domenica sera, vale a dire che il primo posto non significa nulla. Quello che è significativo, a prescindere dalla posizione in classifica di oggi e di quella che avremo a fine campionato è che la morte civile in forma di uallera che hanno rappresentato i tre allenatori della disgraziatissima stagione passata (con colpe e demeriti diversi ma parimenti determinanti) sembra essersi disintegrata. Gli occhi spenti ed i malumori che si sono visti lo scorso anno, non hanno dato la minima manifestazione di sé e questo è il primo grande merito di quel mastino incazzato che, per conseguenza logica dai recenti trascorsi, è stato scelto per rimettere le palle al centro del villaggio. Oltre a questo, l’altra novità di rilievo è stata la totale inversione di tendenza nelle scelte per il rinvigorimento delle membra smosciate della squadra in quanto tale. Si sono presi top player e giocatori di buon profilo con carriere già ampiamente consolidate e più vicini ai trenta che ai venti come McTominay, Lukaku e Spinazzola, giovani già affermati e fortissimi come Buongiorno, Gilmour e Neres, e giovanissime scommesse prese da squadre tra le cui fila difficilmente passano delle pippe, come Rafa Marin. Il tutto spendendo quanto mai prima e senza la certezza di finanziarsi le uscite con le entrate. Gli acquisti non hanno rappresentato, come accaduto lo scorso anno, dei semplci rinforzi di una ossatura vincente, dando per scontato che quell’ossatura non si adagiasse sugli allori come accaduto. Gli acquisti di quest’anno sono, a partire dall’allenatore, una chiara manifestazione di intento: quello di spiegare a chi è rimasto che i trofei passati non contano nulla e che i nuovi arrivi sono di pari livello se non migliori di chi è rimasto, perché per vincere di nuovo ci vuole gente con degli obbiettivi e non con dei buoni ricordi

 

TUTTI: allo stato attuale, certamente con intensità maggiore o minore, sembra davvero che non ci sia un solo giocatore che non sia entrato appieno nel progetto e nella mentalità dell’allenatore. Anche per questo è presto per fare valutazioni definitive e siamo certi che capiterà prima o poi che qualcuno cominci a palesare le proprie scalmane. I timidi gesti di disappunto di Kvara dopo le sostituzioni sono veramente quanto di più innocuo ci si possa attendere da uno che scalpita per giocare sempre ed il suo mantenere la testa bassa nel manifestarli, spiega bene quanto sia immanente la cappa di facite ‘e bravi, sottotesto sottinteso di quel amma faticà espresso come prime parole in tuta Napoli dall’allenatore. Gli unici che forse al momento sono solo sufficienti sono un paio di “vecchi”: il capitano, che evidentemente rientrato a pieno titolo nel progetto, ancora non riesce a scrollarsi di dosso il peso della colossale ed irreparabile figura di merda consumata in preda alle caldane estive. Non sta certo giocando male, ma continua ad ogni partita a fare due, tre errori, quasi mai davvero importanti ma che dimostrano chiaramente il suo non essere sereno al 100%. L’altro che non sembra completamente a fuoco è Olivera, ma probabilmente perché è quello che più è a rischio nel ballottaggio tra difesa a tre e difesa a quattro. Molto bene invece gli altri sopravvissuti Meret, Politano, Anguissa e Lobotka (unico che non ha nulla da farsi perdonare), mentre Kvara, al netto delle colichette e dei conseguenti borbottii, sembra uno di quelli che quando le cose gireranno davvero, potrà tornare a fare gli sfracelli del suo primo anno in azzurro, sempre che procuratore e padre non continuino nel sabotaggio sistematico di questo ragazzo tanto talentuoso quanto semplice

 

INIZIO: la banalità più pronunciata, come già detto nelle prime righe, è che non c’è da esaltarsi e che siamo solo all’inizio. Ma è un inizio davvero unico per quanto ci riguarda. Mai infatti nella storia del Napoli, alla sesta giornata siamo stati considerati i favoriti per lo scudetto. Non due anni fa, quando si cominciavano a vedere cose molto interessanti ma restavamo degli outsider, mai nell’epoca di Sarri in cui la Juventus, mai così con le mani in pasta e forse mai così forte (ma nel loro caso questo è fattore notoriamente secondario) non dava spazio a nessuno di sperare in più di un secondo posto. Neanche ai tempi del più grande di tutti, i campionati sono mai iniziati con il Napoli dato per favorito, tanto più che l’epoca dei due punti per vittoria rendeva i pronostici ancora più difficili. Quest’anno, complice la non partecipazione alle coppe europee, ferma restando l’indiscutibile qualità delle solite tre, sembra proprio che si sia nella condizione migliore di tutti per puntare in alto. Ovviamente non succederà perché ci sarà sempre un buon motivo per cui non debba succedere, ma credo che la percentuale di probabilità che ci sia finalmente il rinculo del botto di due anni fa, sarà ben definita di qui a poche settimane. Como, Empoli e Lecce sono squadre in buono stato di forma e sono degli ottimi test. Poi, a raffica, Milan, Atalanta, Inter e Roma. A fine novembre potremo dire se si è trattato di una favilla effimera o del primo bagliore di una supernova

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