Vigilia di Juventus- Milan, semifinale di ritorno di Coppa Italia, in attesa della “febbre” azzurra del sabato sera per Napoli-Inter. L’ora X, per la ripartenza del calcio, sta per scattare. Dubbi e problemi del calcio, però, restano tutti. Chi s’aspettava coesione, spirito di gruppo e senso d’appartenenza al mondo pedatorio da parte soprattutto dei componenti della Lega di A è stato servito… Il Consiglio Federale di lunedì scorso, infatti, ha visto la spaccatura totale tra FIGC e la Lega della massima serie. Gabriele Gravina ne è uscito vincitore quasi totalmente, completando quasi del tutto il piccolo, grande miracolo compiuto per far riprendere il campionato dal prossimo 20 giugno. Perché convincere un ministro come Vincenzo Spadafora e un comitato di scienziati che, probabilmente, vedono il calcio come un “virus” peggio del Covid-19, non è stata impresa da poco. Resta da sbrogliare il nodo, qualcuno lo ha definito una trappola, della quarantena obbligatoria di 14 giorni per tutto il gruppo squadra anche in caso di un solo elemento “contagiato”, senza trascurare le possibilità di furbetti dell’ultima ora di “inventarsi” un contagio o, al contrario, di coprirlo, a seconda di chi vuole lo stop definitivo oppure la conclusione a tutti i costi della stagione agonistica 2019-20 in modo “regolare”.
Siamo e viviamo in un paese di santi, poeti e navigatori capaci di sguazzare nel mare delle… trovate estemporanee. Fatta la legge, trovato l’inganno. Nel calcio si è potuto e qualcuno pensa che ancora si possa fare. Gravina, in Consiglio Federale, è stato chiaro: Chi sbaglia paga! E in maniera pesante. Si è fatto altri nemici il presidente della Figc, proprio tra coloro che avrebbero dovuto sostenerlo in nome del calcio. Il fatto che “politicamente” abbia vinto la sua battaglia contro la Lega di A non significa necessariamente che il suo ruolo ne esca rafforzato visto anche l’appoggio istituzionale ricevuto. Anzi. Il pianeta calcio vive di trappole e ripicche, vendette e possibili, continui, bastoni tra le ruote al futuro lavoro che attende il presidente federale. Dal Pino, Marotta e Lotito non se ne staranno con le mani in mano, soprattutto dopo che non è passato il chiesto blocco delle retrocessioni e che play-off e play-out restano soluzione concreta da stabilirsi entro il 20 giugno, data di ripartenza del campionato. Per non parlare, infine, del contrastato e detestato algoritmo per definire classifica e posizioni finali cui si farebbe ricorso in caso di stop definitivo.
Le grandi, insomma, ed i loro presidenti rivendicano un ruolo da protagonisti assoluti che il Consiglio Federale non ha consentito. La voglia di uno strappo c’è tutta ed è forte. Come l’aspirazione, nemmeno tanto segreta di molti club, della costituzione di una Super-Lega, autonoma e indipendente.
Bisogna capire e verificare se, dopo lunedì scorso, Gabriele Gravina è visto da tutti i presidenti della Lega di A come il nemico numero uno da “far fuori” a tutti i costi per perseguire i propri obiettivi (economici, ndr) oppure se, come sembra, qualche presidente di buon senso ne condivida il programma e i progetti e ne abbia apprezzato la coerenza e la composta intransigenza con cui ha difeso le sue idee per far riprendere e concludere il campionato. A cominciare già dalle gare di Coppa Italia di domani e sabato che costituiscono un… aperitivo per le 124 gare che seguiranno.
Lo abbiamo detto e scritto più volte ed in epoca non sospetta: il calcio italiano deve imparare a farcela anche da solo ed ha bisogno di una riforma globale, profonda e necessaria, sia negli uomini che nei format dei campionati. Gravina, a nostro sommesso avviso, è l’ago della bilancia di tutto un sistema che molto ha speso e spesso dilapidato, ed è solo all’inizio di una opera di restyling anche di carattere culturale che deve vivere il calcio italiano. A cominciare da quello di vertice. Perché se dovesse fermare la propria leadership politica alla vittoria di lunedì, Gravina non andrebbe molto lontano e non troverebbe alleati fondamentali nei presidenti delle altre due leghe professionistiche e in Sibilia presidente della Lega Nazionale Dilettanti. Il ferro va battuto finché è caldo e Gravina deve far venir fuori tutti controsensi, i malumori, la litigiosità e la spocchia di una Lega, quella di A, da anni divisa in più fazioni tra chi ha e vuole sempre di più e chi s’accontenta di sedersi alla tavola imbandita per pochi eletti raccogliendo le briciole… Una Lega che vorrebbe diventare il polo unico e privilegiato di uno sport che invece con Gravina deve trovare nella base la sua vera forza per diventare un’attività e un’azienda economicamente importante, attiva e vincente non solo per pochi eletti e fortunati ma per l’intero movimento calcistico e per il paese. Ci riuscirà Gravina?