Basterebbe la presenza dell’arcivescovo di Napoli, monsignor Mimmo Battaglia, a significare l’importanza della questione oggetto del corso su “Le cure palliative: quando la dignità del morire travalica il fine vita” svoltosi nella sede dell’Ordine dei medici di Napoli. Una questione quantomai pressante anche in relazione all’invecchiamento della popolazione oltre che alle sempre più sofisticate terapie finalizzate alla cura del corpo ma non della “persona” nella sua globalità. E per arginare “la cultura dello scarto”.
Un corso ECM (educazione continua in medicina) organizzato dall’Ordine dei medici di Napoli guidato da Bruno Zuccarelli in collaborazione con l’Associazione medici cattolici di Napoli/sezione San Luca e San Giuseppe Moscati presieduta da Immacolata Capasso (già senologa dell’Istituto tumori di Napoli). “Oggi i pazienti terminali, soprattutto quelli oncologici, non di rado muoiono nella stessa stanza di malati con ancora discreta aspettativa di vita, senza la vicinanza di persone care che gli tengano la mano e spesso senza che la loro dignità sia salvaguardata…”, ha ricordato la Capasso nella sua relazione introduttiva. Perciò l’incontro di formazione riservato ai medici.
Per “cure palliative” si intende l’insieme degli interventi terapeutico-assistenziali (rivolti sia alla persona malata che al suo nucleo familiare) finalizzati alla cura dei pazienti con sofferenza grave e dalla prognosi infausta, inguaribili. Da non confondersi con la “terapia del dolore” che è l’insieme degli interventi diagnostico-terapeutici volti alla sospensione e al controllo del dolore (con l’uso di vari farmaci analgesici, oppioidi, cannabinoidi…). Le cure palliative non hanno come scopo la risoluzione della malattia ma servono per il controllo dei sintomi e della sofferenza globale – fisica, psichica, relazionale, spirituale – dell’ammalato. Per salvaguardare la dignità della persona nel fine vita.
Il riferimento normativo è la legge 38 del 2010 e le cure palliative in Italia fanno parte dal 2017 dei livelli essenziali di assistenza (LEA) ma sono erogate in maniera disomogenea sul territorio nazionale e soltanto un paziente su tre riesce ad accedervi (al Sud l’applicazione si aggira attorno al 30%). Ciò per insufficienza di “hospice” e anche per la carenza di personale sanitario specializzato, a partire dai medici di medicina generale (che avrebbero l’opportunità di intervenire in un arco temporale più ampio)… Si auspica un cambio di prospettiva: non più concentrandosi su obiettivi di cura che possano prolungare la vita o stabilizzare una situazione che è in progressivo declino ma concentrandosi sulla qualità della vita che rimane… Bisognerebbe sviluppare un approccio palliativo precoce che sia applicato in tutti i luoghi dove i pazienti si trovino a trascorrere l’ultima parte della vita (ospedale, hospice, case di riposo, Rsa, domicilio). Cure a volte discusse… Il medico può constatare la morte secondo determinati parametri, ma l’essenza dell’evento finale sfugge alla scienza.
Convegno moderato dal dottor Antonio De Falco e da Donatella Trotta de “Il Mattino”. Interventi di Davide Nocerino nelle veci di Arturo Cuomo, direttore Uoc “Anestesia e rianimazione” dell’Istituto tumori di Napoli; Antonio Maddalena, direttore dipartimento assistenza domiciliare Asl Na 1; Claudio Buccelli, emerito di Medicina legale della Federico II; Lucio Romano, componente Comitato nazionale per la Bioetica; Domenico Airoma procuratore della Repubblica di Avellino; Filippo M. Boscia (fisiopatologia della riproduzione) presidente nazionale Amci; monsignor Franco Beneduce della diocesi di Napoli (già rettore del Seminario interregionale). Molto apprezzata la relazione conclusiva di monsignor Mimmo Battaglia. “Aiutare una persona a morire”, ha poi detto citando Giovanni Paolo II, “significa aiutarla a vivere intensamente l’esperienza ultima della vita. Il morire appartiene alla vita”.
Un corso di formazione ECM di poche ore e con tre crediti, che probabilmente sarà presto seguito da un convegno aperto a tutti, come preannuncia la dottoressa Immacolata Capasso che da tempo porta avanti la battaglia per la implementazione degli hospice in Campania per il fine vita (ce ne sono solo 9), un percorso rallentato dalla pandemia ma che adesso riprenderà con vigore.