Il candidato Manfredi è favorito nella corsa alla poltrona di sindaco… grazie al reddito di cittadinanza
A Napoli, com’è noto, si vota il prossimo 3 ottobre per scegliere il nuovo sindaco, che governerà la città dopo dieci anni di disastrosa gestione di de Magistris. Erediterà una città allo sbando, sommersa dai debiti e da mille e uno problemi.
Una città “scassata”, come aveva profeticamente preannunziato lo stesso de Magistris, con tanto di bandana, all’atto della sua prima elezione (in quel momento parlava al passato prossimo, in realtà era una sorta di programma di governo, come se avesse previsto il futuro). Il nuovo sindaco è atteso da un compito immane, da “far tremar le vene e i polsi”, avrebbe detto il Sommo.
Ad oggi la partita si presenta definita in partenza: vincerà Manfredi, l’ex rettore della Federico II e l’ex ministro, indicato da De Luca e portato, inizialmente anche contro la sua volontà, dall’accoppiata contro natura Pd-5 Stelle e dai vari cespuglini della sinistra.
Tutto sta a vedere se il colpo gli riuscirà al primo turno, visto che la candidatura Maresca si è andata gradualmente appannando, soprattutto per carenza di un’identità politica. Il centrodestra, nel suo complesso, non l’ha mai completamente accettato, né lui, tanto meno, si è voluto schierare apertamente. Meloni e Salvini, in questi ultimi giorni, lo hanno accuratamente evitato. Se a tutto questo aggiungiamo la bocciatura di quattro liste (quella della Lega compresa) che a lui facevano riferimento, si capisce bene, come, ad oggi, il magistrato vessillifero della lotta alla camorra abbia davvero poche chances di andarsi a sedere sul cadreghino di Palazzo San Giacomo.
Manfredi dunque vincerà. E non certo per merito suo. Durante questa lunga campagna elettorale, se si eccettuano un po’ di polemiche al vetriolo con Maresca, non ha mai scaldato i cuori. Stiamo parlando, indubbiamente, di un professionista coi fiocchi. Per lui parla il curriculum. Ma dal punto di vista della competizione elettorale il candidato è decisamente al cloroformio, con la sua comunicazione sonnacchiosa, e scarsamente incisiva e con un programma evanescente, più improntato a principi generali che alle cose da fare. Uno che non buca la tv, che sfugge ai confronti diretti con gli avversari, che non infiamma l’uditorio. Insomma una delusione.
E perché allora dovrebbe vincere, visto che la somma dei voti dei voti del Pd (orbati dei bassoliniani), un partito di cui a Napoli si sono perse le tracce e dei voti del Movimento 5 Stelle a stento supererebbero il 30 per cento?
Elementare, avrebbe risposto Sherlock a Watson.
Perché a Napoli, secondo gli ultimi dati ufficiali dell’Inps, riferiti a luglio, vi sono 182.305 nuclei familiari (diciamo 400mila elettori) che hanno percepito il reddito di cittadinanza. Un numero spropositato, superiore a quello dei percettori di Lombardia (108mila) e di Veneto (74mila) sommati.
E non basta. Perché queste famiglie percepiscono in media 644,77 euro mensili, mentre la media nazionale è di 548,59 euro e la media del sussidio in tutto il Nord è di 476,32 euro. Pd, 5 Stelle, Forza Italia, Bassolino, la simpatica e brava ragazza Clemente con le loro proposte e i loro programmi non c’entrano assolutamente nulla. I beneficiati da questo grazioso obolo sono grati ai grillini e voteranno, a prescindere dalle loro idee, per il loro candidato. Perché sanno bene che se l’asse Pd-5 Stelle dovesse sfaldarsi alle amministrative, Draghi, Renzi, la Lega, Forza Italia e Calenda a livello nazionale impiegherebbero un minuto quanto meno a correggere questo assurdo benefit (avrebbe dovuto, secondo l’ingenuo Di Maio, eliminare la povertà dall’Italia!), che viene incontro, sì, alle necessità di molti disperati, ma che elargito a pioggia, favorisce truffatori, parcheggiatori abusivi e personaggi coinvolti a vario titolo nella criminalità organizzata, come le cronache hanno impietosamente testimoniato. E funge anche da incentivo al lavoro nero, visto che per tutta l’estate gli stagionali hanno preferito non emergere, con grave danno per la comunità e per gli operatori del turismo. E dire che sempre secondo l’ingenuo Di Maio, con i suoi navigator (a proposito, che fine hanno fatto?) avrebbe dovuto favorire l’occupazione.
Conclusione: Manfredi diventerà il prossimo sindaco di Napoli grazie al reddito di cittadinanza. A meno…
A meno che non accada l’incredibile. E cioè che i consensi per Maresca si disperdano ulteriormente in questi ultimi giorni (vedi Laboccetta, che voterà Bassolino) e che Antonio Bassolino con il suo encomiabile e generoso “porta a porta” (“Sono tornato a fare quello che facevo da ragazzo alle prime armi della politica, girare per mercatini a spiegare il mio progetto”), non riesca alla fine a sopravanzarlo, magari facendo breccia in extremis anche fra i numerosi indecisi. Se Manfredi non supera il 50 per cento e Bassolino arriva secondo si va al ballottaggio. E allora, potete scommetterci, i giochi sarebbero tutti da farsi, nonostante i percettori del reddito di cittadinanza. Perché, capirete bene, tutti gli elettori di centrodestra, gli stessi ex sostenitori di de Magistris e della sua fasulla rivoluzione (“l’involuzione arancione”) e persino i piddini anti-De Luca che mal sopportano la smania del governatore di allungare i suoi tentacoli anche su Napoli (meriterebbe un capitolo a parte il tracotante tentativo di cambiare la legge e di portare a tre i mandati da governatore), perché mai dovrebbero fare un piacere al Pd e ancor di più al partito che fu di Grillo e che ora, pare, sia di Conte? Al solo pensiero Letta sta già tremando. Se perde a Torino, a Roma e a Napoli è bello e fritto.