Gli azzurri fuori dalle Coppe e l’allenatore insiste con moduli e cambi sbagliati
Questi allenatori sono davvero strani. E se non proprio tutti almeno lo sono una buona parte di essi. Prendiamo Spalletti. Un amore a prima vista con De Laurentiis (ma il presidente non è la prima volta che si lascia abbacinare dai colpi di fulmine), otto vittorie di seguito ad inizio di campionato, osanna e peana generalizzati. Poi a piano a piano son venuti i tempi duri. E con i tempi duri vengono a galla, diciamo, le stranezze. La piazza è esigente, è risaputo. Spalletti però non è uno di primo pelo, ha giostrato in carriera in piazze importanti, certi meccanismi non dovrebbero sfuggirgli. Ed invece che fa, di fronte ad una domanda un po’ fuori delle righe di un giornalista che gli chiedeva se Ospina era il titolare o meno, sbotta, si lascia prendere dalla foga e dalla ragione passa al torto. Una reazione alla Gattuso, il burbanzoso Gattuso che pretendeva di dare lezioni calcistiche ai giornalisti, anche a quelli che masticavano pallone da ancor prima che lui nascesse.
Quello di Spalletti è comunque il segno di un nervosismo evidentissimo, figlio di un periodo non proprio entusiasmante, scandito dal melanconico pareggio contro l’Inter e soprattutto dalla squallida prestazione di Cagliari. Certo Spalletti ha le sue buone scusanti: una serie così lunga e tribolata di infortuni a Napoli non se la ricordava nessuno. Ma nell’analisi delle negatività non si può non ammettere che il tecnico certamente ci ha messo del suo. Vedi i cambi completamente sballati contro l’Inter e la formazione altrettanto sballata schierata contro il Cagliari.
Fatto sta che ora a dieci giornate dal termine del campionato il Napoli è fuori dalle Coppe e deve assolutamente mantenersi in zona Champions per evitare che l’anno prossimo De Laurentiis sia costretto a ridimensionare ulteriormente gli obiettivi, in termini di campagna acquisti e di ingaggi a quelli che rimarranno.
Dicevamo fuori delle Coppe. L’ultima serata da brivido il Napoli l’ha vissuta giovedì sera. Il Barcellona sottovalutato era al di sopra delle possibilità degli azzurri. Ma Spalletti ha contribuito al tracollo. Con il centrocampo a due contro gli indiavolati tre avversari era come alzare bandiera bianca già prima di scendere in campo. E infatti Demme e Fabian hanno fatto la figura dei polli. Erano talmente imbambolati che hanno perso tutte le palle in ripartenza ed hanno offerto agli spagnoli almeno tre o quattro occasioni da gol.
La verità è che non si può giocare con il 4-2-3-1 se i due di centrocampo non sono al livello del primo Anguissa. Soprattutto se il terzo, che gioca a supporto degli attaccanti, è lo spento Zielinski, che su dieci partite ne imbrocca al massimo due. Contro il Barcellona comunque l’errore è stato anche insistere sulla famigerata partenza dal basso, un male che risale al solito Gattuso e dal quale il Napoli non pare più liberarsene. Con il Barcellona che ti aggrediva alto a mille allora e con il supporto di tutti e tre i centrocampisti ripartire dal basso era pura follia. Questo infernale meccanismo oltre a toglierci punti ha rovinato, speriamo non per sempre, un grande portiere che era Meret, pagato da De Laurentiis trenta milioni. Spalletti sta ripercorrendo la stessa strada appunto di Gattuso. E i suoi errori adesso cominciano ad essere troppi.
Lino Zaccaria