Non bastava la mala-movida. Ancora gravi i due minorenni accoltellati a Marechiaro. Il mare negato
Non bastava la mala-movida notturna, adesso con l’arrivo della bella stagione c’è da fronteggiare anche la violenza collegata all’afflusso alle località balneari, violenza “inaugurata” domenica scorsa con l’accoltellamento sullo “Scoglione” di Marechiaro di due ragazzini di 16 e 17 anni, ridotti in condizioni gravissime da alcuni coetanei, forse per un diverbio scoppiato sui social e riaccesosi nel momento in cui i contendenti si sono incontrati per caso (l’accoltellatore, preso dalla polizia, è un 16enne). I due ragazzini, colpiti in più parti del corpo – con intento di uccidere, secondo l’accusa – avevano una lesione polmonare, i ventri squarciati e le budella di fuori. E nello stesso giorno, sulla “spiaggia delle monache” a Posillipo, pestato a colpi di casco un bagnante…
La zona di Marechiaro è un attrattore di balordi di ogni risma, come denunciano da vari lustri i residenti. Allo “Scoglione” s’accede facendosi traghettare da barcaioli che lavorano al nero. Allarme per i ragazzi che si tuffano pericolosamente dal fatiscente “Palazzo degli spiriti” (dove 5 anni fa fu violentata una ragazza). Difficili i controlli, e in zona non c’è neanche un’ambulanza.
Ma risse, ferimenti e omicidi tra Napoli e la provincia s’erano registrati anche nelle settimane scorse (tanti, da perderne la memoria) e il sentimento di insicurezza è accresciuto da furti, scippi, rapine (non sempre denunciati). Dilaga la violenza metropolitana: si pensi al 13enne che il 29 aprile ha conficcato la chiave del motorino nella testa di un 12enne su un campetto di calcio a Soccavo; lunedì scorso, la folle corsa di un motociclista che ha travolto due persone a Forcella…
Di giorno o di notte, non esistono zone esenti dal rischio del “branco”, aggregazioni a volte estemporanee, diversamente dalle “baby gang” che invece sono gruppi più strutturati (il leader e i gregari, qualcuno dei quali naturalmente aspira a prendere il posto del capo). Bande giovanili caratterizzate da una violenza gratuita, maligna e distruttiva (per esempio, rubare per il gusto di rubare e non sempre per trarne profitto). Rabbia che non di rado è frutto di “invidia sociale” (io vivo in un quartiere dove non c’è nulla mentre tu, figlio di papà, hai una famiglia che ti assicura benessere e pensa al tuo futuro). E così, vanno in giro a provocare: basta uno sguardo percepito come una sfida, un urto involontario, un complimento a una ragazza, a generare una rissa. E saltano fuori i coltelli. Anche i ragazzini di buona famiglia talvolta escono armati di coltello, con l’illusorio intento di “difendersi” ma si tratta di un reato.
E ora c’è chi torna a invocare la repressione. E chi propone di abbassare l’età di imputabilità dei minori. Ma se ragazzini di 12-14 anni girano in branco alcoolizzati o drogati fino a tarda notte; se in casa vengono “abbandonati” allo smartphone e al brutto e alla violenza dei massmedia, ci sarà qualche responsabilità anche della scuola e dei genitori? Forse bisognerebbe sostenere le famiglie per aiutare i ragazzi…
Secondo alcuni sociologi Usa, la delinquenza minorile dipende sostanzialmente “dai modelli di successo che la società propone e dal fatto che non a tutti vengono forniti in ugual misura i mezzi per perseguirli”. Quali spazi, quali prospettive di lavoro (di inserimento sociale onesto: la devianza è anche frutto di un disadattamento) per i giovani? Quale welfare per sostenere le famiglie? Mancano persino i “servizi” più economici: spazi verdi o per giocare a pallone, centri sportivi e altri luoghi di aggregazione per bambini e adolescenti (un esempio di prevenzione sono i due centri sportivi delle Fiamme Oro della polizia al rione Sanità). Gli enti locali si dovrebbero far carico del problema. E ora, con il caldo, arduo arrivare al mare (per ZTL e carenze del trasporto pubblico), costose e difficili da raggiungere le poche piscine… D’estate le famiglie che non vanno in vacanza non sanno come far trascorrere il tempo ai propri figli.