Nuova Delhi al centro del mondo per la riunione del G20 dei ministri degli Esteri, con il conflitto in Ucraina al centro degli incontri. Nuova Delhi dove la missione della nostra premier Giorgia Meloni ha posto la pietra tombale sulla vicenda dei marò italiani, riaprendo il sipario sul rilancio delle relazioni commerciali e geostrategiche con la prossima terza potenza del pianeta, sulla scia della Cina nel riarmo ma già prima per numero di abitanti, segnatamente giovani e quindi per numero di consumatori. Se la guerra in Ucraina domina i colloqui nella capitale indiana, dove giunge la eco dell’incontro a Pechino tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente della Bielorussia Viktor Lukashenko, si guarda all’Alleanza Atlantica per il riaffiorare delle voci che indicano in Mario Draghi il successore di Jens Stoltenberg alla segreteria. Il suo compito: strutturare una forza intereuropea. Obiettivo finora vanamente ambìto ma che il conflitto in Ucraina e le ingenti somme per il riarmo previste dai maggiori Paesi europei renderebbero molto meno lontano.
Un’altra notizia – tra quelle purtroppo accantonate in molti media occidentali – dovrebbe preoccupare e far riflettere: l’inquinamento del Mar Baltico. Nel conflitto in Ucraina c’è da mettere in conto non più solo il numero dei morti, degli sfollati e degli esuli, e l’oscenità delle devastazioni dei centri abitati del Donbass, bisogna aggiungere pure la distruzione dell’ambiente. Distruzione che investe sia il territorio – nel Paese con le ultime originarie foreste del Vecchio Continente, sfuggite allo sfruttamento e alla trasformazione – sia lo stesso Mar Baltico. L’attentato al gasdotto Nord Stream che collegava la Russia alla Germania, ha infatti provocato un grave inquinamento del Baltico, il cui ecosistema era peraltro già ferito dal cambiamento climatico e da diverse fonti contaminanti. Autori dell’attentato dinamitardo, che il 26 settembre ha distrutto in quattro punti il gasdotto, sono fortemente sospettati sabotatori addestrati e organizzati dalle Marine militari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia, Norvegia e Ucraina, col supporto delle rispettive Intelligence.
Mosca ha chiesto una commissione d’inchiesta internazionale. Le indagini sono attualmente svolte da una commissione investigativa – formata da tecnici e inquirenti tedeschi, danesi e svedesi – che tenterebbe di scoprire gli autori dell’attentato. Ma all’opera vi è anche un’altra commissione, di biologi e altri scienziati, che indaga sulle conseguenze per l’habitat marino. Il metano, infatti, provoca un potente e micidiale effetto serra: le 70mila tonnellate fuoriuscite sarebbero state, tuttavia, “contenute” nel mare e se ne stanno esaminando le gravi conseguenze. ‘Le Monde’ ha raccolto l’allarme lanciato dal biologo marino svedese Thomas Dahlgren, dell’Università di Göteborg: «Potremmo assistere ad un effetto cumulativo con altri tipi d’inquinamento, che porterebbero a conseguenze molto più deleterie di quelle finora stimate». Il Baltico è intensamente sfruttato per le sue riserve energetiche, per la pesca, per quanto vi si versa dai Paesi costieri e ora, con il surriscaldamento del pianeta, anche per le vie che apre allo sfruttamento di una delle ultime “riserve” del pianeta, quelle dell’Artico.
Significativo che in Finlandia il parlamento non abbia atteso il sì di Ungheria e Turchia procedendo a una approvazione…anticipata dell’adesione all’Alleanza Atlantica: il timore di un attacco della Russia appariva ed appare irrealistico o almeno remoto, Mosca non l’ha mai minacciato e ne mancherebbero i motivi. Ma tant’è. Quando – URSS in vita – la minaccia dell’orso russo alle porte era reale, ad Helsinki neppure si sognavano di abbandonare la neutralità, così ricca di vantaggi economici e di quieto vivere, per installare batterie di missili e predisporre artiglierie e divisioni militari alla frontiera, per poi vedersi piazzati di fronte quelli sovietici.
Vladimir Putin ha avvertito che, una volta entrata nella NATO, anche la Finlandia si troverà per la prima volta nel mirino delle 6mila testate nucleari di Mosca. Ma è stato un plebiscito parlamentare: 184 voti a favore e appena 7 i contrari (6 dell’Alleanza di Sinistra e uno de Il Potere è del Popolo, di destra). La decisione del parlamento finlandese ha un valore simbolico, perché anticipa un’adesione alla NATO che dev’essere preventivamente accettata da tutti i Paesi dell’Alleanza. Anche la neutrale Svezia è prossima candidata all’adesione. Ma mancano i consensi di Budapest, che non condivide l’ostilità europea nei confronti di Mosca (il parlamento comincerà ad occuparsene dalla prossima settimana), e di Ankara che, in cambio, chiede alla Svezia porte chiuse all’immigrazione di esuli curdi, la repressione dell’attività politica di quelli che già ospita e la consegna di alcuni loro esponenti ricercati dalla Giustizia (sic!) turca.
Nuovi eserciti per la NATO prossima ventura. Ad ottobre scade il (terzo) mandato di Stoltenberg, a luglio verrà eletto il successore, tra pochi giorni si potrebbe – il condizionale è d’obbligo – saperne di più. La luce verde di Biden pare già ci sia. Ma chissà…il futuro appartiene solo ai chiromanti.
Almerico Di Meglio (Napoli, 1948), giornalista professionista dal 1981, già inviato speciale all’estero e notista di politica italiana. Vive tra Napoli, l’isola di ischia e Parigi. Ha fatto parte dal 1979 al 2009 della redazione de “Il Mattino”. Caposervizio e inviato della Redazione Esteri ha scritto da molti Paesi: dall’Europa dell’Est e dell’Ovest, divise dalla Cortina di ferro, agli Stati Uniti e al Canada, dall’America Latina all’Africa Australe e del Nord, dall’Asia centrale e segnatamente dall’ex Unione Sovietica. Successivamente ha lavorato alla Redazione Politica. E’ esperto di relazioni Est-Ovest, di questioni geopolitiche e geostrategiche. Ha pubblicato “Tra le rovine dell’impero sovietico (Università Popolare di Torino editore, 2015).