Ci sono voluti sei mesi ma alla fine lo ha fatto. Ha scelto l’occasione giusta e questo gli restituisce quel 100% di dignità che i suoi racconti farlocchi avevano minato, tanto da costringere la società a chiamarlo in una inopinata e orribile causa di inadempienza contrattuale, ciliegia rancida sulla gigantesca, meravigliosa torta del terzo scudetto.
Non più “anno sabbatico” per ritemprare le membra, salvo poi rimettersi al lavoro nel tempo di un tintinnar di denari e favoleggiar di alibi (non suoi ma indotti dalle “letture” di analisti di varia forgia), credibili solo a chi detesta il Napoli o de Laurentiis, quelli della fuga per dissidi col presidente o di mancati adeguamenti contrattuali.
A precisa domanda su quale fosse la vera ragione dell’abbandono del posto di lavoro cui era legato per contratto per un’altra stagione, finalmente ha risposto enunciando, parola per parola, quello che da subito era sembrato chiaro e dichiarato da alcuni, a dire il vero non moltissimi, tra cui chi scrive, cioè “volevo preservare questa bellezza che avevo nel cuore e non volevo metterla subito in discussione”. Magnifico! Ovazione!
Tradotto in lingua corrente il vero motivo per cui ha lasciato la panchina del Napoli è stato quello sacrosantissimo e inattaccabile di voler andare via da vincente. Voleva abdicare per evitare che il trono di Re indiscusso ed immortale, gli venisse sfilato da sotto al culo alla seconda partita non vinta. E la seconda partita non vinta sarebbe arrivata molto presto anche se al posto del negato Garcia ci fosse stato lui, perché le crisi di appagamento sono una certezza quasi matematica, a maggior ragione in piazze che non vedevano vittorie importanti da lunghissimo tempo (Pioli docet).
Se avesse detto immediatamente la verità avrebbe guadagnato il rispetto e l’immortalità senza condizioni. Avendo scelto la via della scusa infantile, peraltro immediatamente disattesa, ha dato un colpo di martello agli enormi coglioni che adornavano dalla statua che il popolo napoletano gli aveva giustamente eretto per l’immane merito sportivo che lo ha reso eroe. Oggi, con la cittadinanza ottenuta e quella frase qui testualmente riportata, i coglioni sono stati riattaccati alla statua con azione perfezionista e perfino quelli come me che fino a ieri avevano trovato il suo comportamento meschino oltre il tollerabile, hanno potuto riportare a spalla la statua al centro del Villaggio degli Eroi.