Pompei. A Civita Giuliana individuati importanti reperti tra cui la sagoma di un cavallo
Il fascino del passato non finisce mai di sedurre e di riattrarre a sé l’attenzione donando, a piccole dosi, di volta in volta, un elemento in più della suamisteriosa realtà. Questa volta è una sorprendente scoperta fatta nell’area di Civita Giuliana, nella zona Nord fuori le mura del sito archeologico di Pompei, ad attirare l’attenzione, prima delle forze dell’ordine e degli esperti e poi della pubblica opinione. Gli investigatori del Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata e del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli infatti stavano indagando su attività illecite relative a cunicoli clandestini da parte di malviventi che mettono a rischio l’enorme patrimonio archeologico e culturale locale perché lo depredano per poi rivenderlo anche fuori i confini nazionali. Materiale prezioso, dunque, disperso nel mondo. Dallo scorso agosto poi è partita un’operazione congiunta assieme al Parco Archeologico di Pompei e alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, con il supporto logistico dei Vigili del Fuoco, che ha permesso un intervento di scavo in loco ed ha portato ad interessanti scoperte che hanno offerto spunti di analisi e studio. A presentare questa operazione culturale alla stampa è stato il Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei Massimo Osanna assieme ai rappresentanti dell’équipe che hanno lavorato a questo progetto.
“C’è una sinergia molto singolare dietro a questa interessante scoperta – ha dichiarato il direttore – e rappresenta una prova ulteriore di quanto la collaborazione tra istituzioni sia fondamentale non solo per la tutela del territorio ma, come in questo caso, anche per la conoscenza e speriamo presto anche per la fruizione”. Grete Stefani, direttrice degli Scavi di Pompei, ha ringraziato per il supporto il team di lavoro del cantiere di scavo riferendo che: “Lo scavo è stato particolarmente complesso in quanto hanno dovuto scavare nella cenere consolidata perché la costruzione del solaio del primo piano ha retto alla caduta dei lapilli quindi è rimasto con una stratigrafia molto particolare che ha consentito di realizzare i calchi”. Nella zona di scavo è stato rinvenuto anche un terreno agricolo del ‘79 d.C.– ha poi aggiunto – sistemato con delle conchette che raccoglievano l’acqua piovana in modo che le piante avessero anche un’irrigazione naturale. Inoltre sono stati rinvenuti calchi di radice di pianta che sono oggetto di studio per stabilire che tipi di piante erano coltivate nel terreno”.
Il ritrovamento è stato fatto in un ambiente di servizio di una grande villa suburbana conservata in maniera eccezionale. Va detto che si trova all’interno della proprietà privata della famiglia Russo che si è messa a disposizione dell’arte e della sua tutela. Dall’esplorazione dei locali sono emersi diversi reperti quali: anfore, utensili da cucina, una parte di un letto in legno, di cui è stato possibile realizzare il calco, e una tomba del periodo post 79 d.C. quindi successivo all’eruzione, probabilmente di età imperiale, che custodiva lo scheletro di un defunto di sesso maschile, di età tra i 40 e 55 anni. Si tratta di una sepoltura a cassa di tegole con tumulo e tubo fittile per le libagioni, posta sulla cresta del muro meridionale dell’edificio. Una pratica rituale funeraria dell’epoca vedeva il tubulo in corrispondenza del cranio del defunto, che era supino e con un chiodo in ferro sull’omero destro, affinché le offerte raggiungessero in modo diretto il destinatario. “Gli oggetti rinvenuti erano in ottimo stato di conservazione – afferma l’archeologa da campo Serenella Scala, che con un team di esperti ha seguito gli scavi – proprio perché il flusso piroclastico li ha mantenuti e li ha inglobati, c’è bisogno di un restauro ma sarà veloce perché i vari pezzi sono componibili”. Una curiosità è che sul letto in legno sono stati trovati reperti riconducibili ad un tessuto, forse usato come una sorta di lenzuolo. Ma ciò che rende affascinante questi ritrovamenti è anche il fatto che, attraverso la tecnica dei calchi, per la prima volta è stato possibile restituire la sagoma integra di un cavallo rinvenuto in una zona identificata come la stalla.
La tecnica dei calchi, poi, ha permesso di identificare una mangiatoia la cui struttura, probabilmente costruita in materiale deperibile, è ancora visibile unicamente grazie al calco in gesso. “Dalle prime rilevazioni fatte si può ipotizzare che si tratti di un cavallo di pregio e non da soma – dichiara l’archeo-zoologa Chiara Corvino – questa ipotesi nasce anche da un confronto con gli equidi dell’epoca; si sono considerati anche gli ibridi come il bardotto e il mulo ma al momento l’ipotesi più plausibile è quella iniziale. Anche perché l’animale ha un’altezza all’incirca di 1,50m, considerevole per quel tempo storico. I finimenti che indossava inoltre sono di pregio e con diverse decorazioni: morsi in metallo e piccole borchie in bronzo. L’equide ritrovato deve essere stato un animale di rappresentanza anche perché i finimenti ritrovati rappresentano un indicatore della ricchezza del padrone”.
Insomma si è solo all’inizio di un interessante progetto volto all’individuazione di varie “ville” in loco ma soprattutto ad interrompere la pratica di scavi clandestini che provocano brecce nei muri antichi, danneggiano gli intonaci, rovinano oggetti e privano la comunità scientifica di reperti preziosi.