È interessante talvolta ritrovare libri che trattano problematiche poste in essere vari lustri e decenni fa e che – nonostante il tempo trascorso – non sono adeguatamente evolute. Sono questi squarci editoriali infatti che lasciano intravedere l’attenzione e l’affezione, assai asfittica, che le istituzioni preposte hanno sempre avuto per questo pezzo di Paese. La lettura di questa settimana allora è costituita proprio da un saggio datato, che solo la cronaca recente ha visto in qualche modo confermato, si tratta di “Mezzogiorno e beni culturali – caratteristiche, potenzialità e policy per una loro efficace valorizzazione”, pubblicato da Cuzzolin nel 2011. La faticosa e parziale attesa di una pregevole progettualità scientifica, come quella di valore illustrata nelle pagine dell’opera in oggetto, tradisce a mio avviso da una parte la fisionomia di una scarsa volontà istituzionale dall’altra la tenacia, e la capacità, delle comunità territoriali di tradurre in pratica la linea tracciata da questi studi.
L’indagine infatti trova la sua conferma – secondo noi – in tempi recentissimi, quando nel dicembre del 2020 è stato attribuito il riconoscimento internazionale alla cooperativa “La paranza”, gestore delle Catacombe di San Gennaro, nell’ambito della 4a edizione della Global Remarkable Venue Awards. In pratica l’attività de “La paranza” realizza un carnet di tematiche affrontate in modo compiuto in questo saggio che l’editore lungimirante ha voluto in catalogo. Ivi infatti leggiamo l’invocato ruolo della cultura che ha sempre rappresentato il volano, potenziale, ma puntualmente disatteso, per lo sviluppo socio economico dei territori meridionali. Scorgiamo tra le pagine del ponderoso studio, suddiviso in due ampie sezioni, la definizione di obiettivi, di fatto raggiungibili, misurati per dati e analisi i cui esiti offrono risultati assai promettenti, focalizzando la centralità di una politica di conservazione e valorizzazione. In questo quadro viene definita pure quella cultura d’impresa con la partecipazione privata nella gestione museale, individuando il ruolo primario di questi Istituti per lo sviluppo socio-economico del territorio. Non meno interessante la seconda sezione in cui apprendiamo un’accurata definizione di bene culturale, nozione che ha richiesto evidentemente vari decenni per essere intesa, rappresentandoci l’ampia portata dei benefici economico-sociali offerta dal settore culturale; narrandoci quindi le potenzialità di un turismo culturale. Una lettura assai istruttiva dunque, utile a comprendere per un verso le miopi politiche del passato, che ci hanno condotto al depauperamento presente, utile però anche a capire come proprio la bistrattata società napoletana abbia tradotto in pratica quelle indicazioni, precedendo le timide politiche nazionali.