L’amore per Napoli, nel cuore dei turisti
Nonostante le dicerie e il continuo levare di critiche, mosse talvolta con dato di fatto, talvolta invece a mero discredito, si può dire che Napoli sia una città amata, osservata, studiata, apprezzata da tutti coloro che non la godono nel proprio quotidiano, da chi non è abituato a questa bellezza prorompente dagli aspetti paradossali e fantasiosi. Principali spettatori di questo “spettacolo” a cielo aperto sono i turisti che, armati di tutto punto per andare alla ricerca di quello che la città ha da offrire, da mostrare, talvolta con troppa modesta spavalderia, affrontano anche le intemperie con impermeabili indosso e cartina alla mano.
Nei giorni di Pasqua e Pasquetta il centro di Napoli mi ricordava un grande aeroporto, un misto di lingue ed emozioni. Spagnoli, tedeschi, giapponesi, russi, americani, polacchi, un crocevia di culture. A volte mi piace nascondermi nella folla e sentirne i commenti, le impressioni: “Mamma guarda, le famose lenzuola di Napoli” dice una ragazzina americana indicando un balconcino di via Gradoni di Chiaia, mentre il papà lo immortala in decine di fotografie.
Ciò che amo di più, però, è la genuina spontaneità con cui si cerca di aiutare, nonostante il divario linguistico: “Excuse me sir, can you tell us the way to Toledo street?” (Chiedo scusa signore, ci saprebbe indicare dove si trova via Toledo?) chiede un gruppo di turisti americani a un simpatico vecchietto, quando questi risponde loro: “Aaah, agg capit., via Toledo. Allò, vai annanz, poi gira a destra, arrivi e te faje tutta via Chiaia, là c’è la piazza (fa un gesto indicando una rotatoria con la mano) e a sinistra comincia via Toledo, understand?”. “Yes, yes, ok” risponde una donna dal cappello azzurro. “What did he say?”(cos’ha detto?) bisbiglia il marito. “I only understood that we should go straight” (L’unica cosa che ho capito è che dovremmo andare diritto) risponde la donna mentre ringrazia il vecchietto sorridendogli. “Thank you very much!” gli dice, mentre lui le risponde: “Ma figurati!”.
Un giorno mi stavo recando a lavoro, ero nei pressi di piazza Vittoria e camminavo dietro a un gruppo di 6 giapponesi che, armati di fotocamere, cercavano di contrastare una tempesta di vento e pioggia. Io, avvilita dal vento, a stento osavo girare l’angolo, mentre loro, quasi noncuranti, invece di ripararsi ammiravano estasiati il panorama mozzafiato offerto dal Golfo di Napoli: un mare riottoso che, “arrabbiato”, si scagliava contro le alte mura del Castel dell’Ovo. Dal balcone dell’ufficio osservai come si facevano i selfie sotto i numerosi ombrelli. “Beati loro!” pensai. Vorrei avere occhi nuovi per scoprire di nuovo, ancora una volta, questi posti meravigliosi. “Dobbiamo provare questo ristorante qui” sentii una russa dire a suo marito. Lì non seppi resistere e risposi: “Scusate se mi intrometto, ma a Napoli si mangia bene dappertutto”. Scambiammo due chiacchiere e infine li portai in una trattoria vicino casa dove ci sono soltanto sei tavoli, ma si mangia divinamente.
Alla luce di quello che noto nel quotidiano, forse l’unica cosa che mi dispiace è che spesso i turisti notino e amino più di noi. Forse apprezzano più di noi, che dovremmo curare, esaltare e proteggere ciò che ci circonda. Forse il segreto è avere i loro occhi per scoprire, e il vero amore per Napoli nel cuore per “ri-scoprire” ciò che siamo.