L’Accademia Napoletana ha inviato una richiesta per riconoscere il napoletano come lingua e bene immateriale dell’Unesco.
Il presidente dell’accademia, Massimiliano Verde, crede che sia necessario tutelarlo dai rischi che potrebbero derivare dal progressivo esaurirsi della tradizione orale (un dialetto che al suo interno racchiude un ricco patrimonio culturale). L’associazione di promozione sociale I Lazzari ha avuto l’idea di lanciare un corso linguistico gratuito per imparare il napoletano: un valido modo per difendere la lingua e preservarla nel tempo.
Il corso
La lezione inaugurale si è svolta all’interno del Palazzo Venezia è stata introdotta da una serie di quesiti: il napoletano è una lingua o un dialetto? Perché studiarlo? Che impatto ha la comunicazione dialettale sui social network? Il corso formativo si struttura in dieci lezioni (storia, ortografia, grammatica, etimologia) e comprende esercitazioni scritte e di lettura per insegnare bene la corretta forma scritta e la giusta pronuncia, riponendo l’attenzione sugli errori più comuni e studiando l’etimologia dei vocaboli per capirne la storia e l’origine. A fine corso verrà anche rilasciato un attestato di: “Lazzara/o verace”.
“L’uso del napoletano era un fatto ideologico, era una difesa. Era il desiderio di non accettare le regole per non tradire la mia cultura, le mie origini” così esordiva Massimo Troisi parlando della sua lingua, una lingua che sentiva sua e gli apparteneva al punto da identificarsi.
Una frase detta in napoletano, grazie all’enfasi dialettale, rende il concetto da subito più chiaro. Non servono tante parole per farsi capire, un esempio? I love you, tradotto: te voglio bbene assaje, è n’ata cosa! Allora impariamo a voler bene al dialetto e a tenercelo stretto:
gghiammo bbello, ja’, pecché ‘o nnapulitano s’ha dda sapè parlà e sscrivere bbuono!