L’8 marzo il mondo delle donne si dividerà in due come le acque del Mar Rosso dinanzi a Mosè. Alcune lasceranno “le creature” dai nonni, lasceranno il proprio uomo e, dopo aver ricevuto la mimosa di turno, correranno in pizzeria per festeggiare la loro festa, ballando e scherzando con le amiche. Altre, invece, posteranno sui social la storia delle operaie dell’industria tessile di New York, rimaste vittime da un incendio divampato in una fabbrica nel 1911 e diranno che la festa è basata sul sangue e che quindi non vi è assolutamente nulla da festeggiare. Quando vivevo in Russia non ho mai sentito parlare di questo episodio, anzi, al tempo dell’Unione Sovietica lodavano Klara Zerkin e dappertutto era scritto che a San Pietroburgo, l’8 marzo 1917, le donne manifestarono per chiedere la fine della guerra. In seguito, per ricordare questo evento, durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, che si svolse a Mosca nel 1921, fu stabilito che l’8 marzo sarebbe diventata la Giornata internazionale dell’operaia. Nel mondo di oggi la donna continua a soffrire, tanto. È tale consapevolezza, tale condizione che rende la festa dell’8 marzo una celebrazione legata alla rivendicazione dei diritti delle donne, alla lotta contro la violenza perpetrata ai loro danni. Ebbene, nonostante le lotte delle attiviste femministe, le maglie della Benetton con su scritto “Free gender zone”, malgrado le polemiche e gli assurdi commenti del tipo “aprire la porta alla donna è umiliante”, a noi donne piace essere donne, sentirci talvolta piccole e indifese, appoggiare la testa su una spalla forte che ti sorregge. L’apparenza inganna. Credo che in ogni donna che afferma concitatamente che il mondo sarebbe migliore senza gli uomini viva una bimba ferita, che forse non ha goduto di buoni rapporti col proprio padre o, magari, ha subito qualche trauma. E prima che voi corriate a festeggiare, mettendo il rossetto o andando a manifestare per i vostri diritti, desidero ricordarvi che non dobbiamo subire offese, umiliazioni e tradimenti. Non è permesso a nessuno ignorarci ed ingannarci, manipolarci, cercando di cambiare quello che siamo. Non possiamo essere sacrificate, tenute in uno stato di limbo, di “standby”, ed essere cambiate per qualcun altro. Non possiamo essere picchiate, violentate, violate mentalmente e fisicamente, costrette a fare qualcosa contro la nostra volontà. Non possiamo essere private dello spazio vitale, della nostra stessa vita. Non dobbiamo dare per scontato le promesse e le bugie, facendo finta di non notare i tradimenti, di vivere in una doppia realtà e di sentirci dire ogni giorno: “Ho bisogno di un po’ di tempo per prendere una decisione”. Le nostre parole hanno un peso, e, se quello che pensiamo ed affermiamo è davvero importante per noi, allora tante cose non dovrebbero essere dimenticate. Dobbiamo essere amate. E questo riguarda non solo i nostri uomini, compagni, mariti, fidanzati, amanti, figli o padri. Questo vale per tutti coloro che ci circondano, per i nostri datori di lavoro, i vicini, i colleghi, gli amici, gli autisti dell’autobus e persino i funzionari istituzionali. Nessuno ha il diritto di offendere. Si dice che la sensibilità sia “donna”, eppure è proprio in questa sensibilità che si nasconde la nostra forza. Lasciate perdere coloro che non vi fanno stare bene, che vi fanno soffrire o vi costringono a vivere una vita piena di dubbi. Non fate salire nessuno con gli stivali sporchi sui vostri cuori. Auguri!
Festa della donna tra diritti e memoria
La vera conquista è essere amate e rispettate