Un caro amico, la cui figlia sedicenne lo sottopone ogni sera a cena a vedere,dalla piattaforma di Netfix, “La vita segreta di una teenager americana” , mi ha chiesto cosa ne pensassi in termini di costume e società. La serie televisiva statunitense narra le vicende della quindicenne Amy Juergens, della sua gravidanza inaspettata e delle ripercussioni che ha su amici e parenti la nascita del suo bambino: mi sono messo, dunque,in rete a seguirne alcune puntate. Ed effettivamente, come il mio amico rilevava, a parte il modello di vita americano che se ne veicola come stile universale, la cosa che salta immediatamente agli occhi, anzi, alle orecchie, è il continuo ricorso all’espressione
“Fare sesso”
Non c’è dialogo tra gli ossessionati sedicenni protagonisti del serial, ma anche tra i loro genitori impegolati in altrettanti intrecci di coppia, che non ricorra a questa espressione come riferimento imprescindibile per ogni azione, reazione, modo di risolvere una situazione.
Colpisce come i sentimenti, seguendo una sterilità essenzialista tutta USA, siano relegati in una posizione del tutto marginale e completamente subalterna al continuo riferimento affettivo: “fare sesso”. Probabile anche una mancanza di fantasia da parte degli autori i quali, sapendo di andare a colpire qualcosa che “fa audience”, abbiano gradatamente perso il senso della misura, ma più si va avanti nelle puntate, più la definizione ritorna quattro, cinque, sei volte nei dialoghi, mentre il bambino che scatena il tutto cresce quasi di nascosto, completamente estromesso dal contesto pur avendolo egli stesso creato.
Nell’ultima puntata, dopo la quale dichiaro chiusa l’audizione ed alzo bandiera bianca, ho dovuto sentire il seguente dialogo tra un sedicenne cristiano dipinto come un alieno e la sua coetanea dopo un rapporto:
“Io credo che il Signore ce l’abbia con noi perché abbiamo fatto sesso prematuramente” (lui). “Ho fatto sesso con te perché mi andava di farlo, ma tu quindi non vuoi più fare sesso con me?” (lei). “No, ma possiamo anche continuare a stare insieme baciandoci soltanto, senza fare sesso!” (lui). “Non so cosa pensare. Mi sembri così strano: stiamo insieme ma non facciamo sesso, mentre tutti i nostri amici fanno sesso. Perfino mio padre adesso esce con un’altra donna per fare sesso!” (lei)..
Per la pietà dei lettori che io ho, e gli autori della serie per i loro telespettatori no, mi fermo qui con i dialoghi. Ma quanto risulta asettico quel ripetuto “fare sesso” considerato come timbrare un cartellino o dare un esame,in luogo dell’atto che eleva la sintonia sentimentale tra due persone al punto da renderne necessaria conseguenza la congiunzione dei loro corpi dopo quella delle loro menti. La televisione che compriamo dagli Stati Uniti sotto forma di format, film, documentari e fiction, ci vende anche un modello di vita che non ci appartiene, ma lentamente diventa riferimento della nostra società.
E così, tra adolescenti sempre caldi e Maria De Filippi che conduce trasmissioni dove i nostri nonni giocano alla seduzione anziché essere riferimenti per i loro nipotini, accantonati come il figlio incolpevole di Amy Juergens, l’orientarsi nei comportamenti sani si fa sempre più difficile e confuso.
“Facimm’ ammore”
La lingua napoletana, che nonostante i tempi conserva tutta la sua melodicità e grazia, suggerisce nel caso “Facimm’ ammore” oppure “Fann’ ammore”, a significare che si è in due a compiere l’atto amoroso e non astrattamente il “fare”, mentre “ammore” viene scritto con due emme per amplificare il sentimento. A Napoli si raddoppia l’amore, lo si mette in risalto rispetto a tutto il resto, compreso il “fare sesso”. Ed è anche ricordando chi siamo, conservando la nostra lingua, che si difende quotidianamente l’identità di un popolo sopravvissuto ai suoi tantissimi invasori. Ma bisogna avere gli occhi ben aperti: la televisione, come il cavallo di Troia, è all’interno delle nostre famiglie.
Non è tanto importante se la si guardi o meno, quanto conservare il punto di vista “napolitano” su quello che ci viene somministrato, quotidianamente, dal video e dalla rete.