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Pasqua è alle porte, e come ogni tradizione che si rispetti, al giorno di festa è assegnato un menù particolare che viene ripetuto una volta l’anno. Ogni città ha le sue specialità, e a Napoli, il tipico pranzo pasquale, ha come ospiti d’onore ben cinque portate: la fellata, il casatiello, la minestra maritata, l’agnello con i piselli e la pastiera. Si inizia con il salato, e la fellata, che in napoletano indica la fetta, consiste in un insieme di affettati di diversi salumi e formaggi. Un antipasto molto gustoso che introduce il piatto forte: il casatiello. Un rustico di pasta di pane ricco di formaggio, come il pecorino romano e il parmigiano, unito a diversi salumi e con l’aggiunta delle uova sode, posizionate con tutto il guscio tra l’interno e l’esterno della pietanza e ricoperte da una croce di pasta. La forma del casatiello, come anche le uova chiuse a croce, simboleggiano un richiamo religioso associato alla crocifissione di Gesù.

Arriva il momento della minestra maritata, un piatto misto di carne e verdure, così definita in quanto i vari ingredienti sono cucinati tutti insieme per dare vita ad un unico sapore. Per secondo, sulla tavola napoletana, viene presentato l’agnello con i piselli (un’altro simbolo religioso che rappresenta il sacrificio di Cristo). Dal salato al dolce, la pastiera fa da regina concludendo il pasto e regalando un soave sapore al palato. Proprio intorno all’origine della pastiera è avvolta una leggenda che le regala il titolo di “dolce degli dei”. Si narra che un giorno la sirena Partenope dedicò ai napoletani un canto particolarmente soave e armonioso, accompagnato da parole ricche d’amore. Così il popolo partenopeo decise di ringraziarla, selezionando le sette fanciulle più belle dei villaggi e incaricandole di portare in dono alla sirena diversi ingredienti, come la farina, la ricotta, le uova, il grano, l’acqua di fiori d’arancio, alcune spezie e lo zucchero. Ad uno ad uno, Partenope li consegnò agli dei che decisero di unirli tra loro per dare forma al celebre dolce napoletano.
Dopo tutto, se la data della domenica di Pasqua cambia di anno in anno, le tradizioni culinarie restano invece invariate come cristallizzate nel tempo, non si toccano. A Napoli soprattutto.

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