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Cucinare con amore a Porta Capuana

Il volume pubblicato nel 2015 da “Ad est dell’Equatore”

Un libro appena un po’ datato rappresenta la lettura di questa settimana, comunque ancora reperibile nel catalogo dell’editore e per questo suggerito. Parliamo di “Cooked with love in Porta Capuana”, pubblicato nel 2015 da “Ad est dell’Equatore” con la curiosa indicazione della curatela di “Aste & nodi”. Si tratta, come suggerisce il titolo, di un piccolo saggio a tema gastronomico, costituito da 77 pagine, davvero molto interessante. Data la proposta tengo anche a specificare che difficilmente apprezzo le pubblicazioni di carattere gastronomico. Il tema, che mi è caro, si risolve infatti troppo spesso nell’ostensione, e nella ripetizione, di invadenti caroselli di ricette che solleticano la pornogastrica propensione alimentare dei nostri tempi anomici. Ciò che manca quasi sempre, in questo tipo di pubblicistica, è il valore più importante del cibo che consiste nella restituzione del suo significato antropologico e culturale, ovvero, il valore che ho trovato nel saggio in oggetto. Ecco finalmente, vale la pena di dire, una rappresentazione sociologica dei cibi e di un luogo del cibo profondamente simbolico qual è Porta Capuana. Parliamo della fucina culturale della Città di Napoli qui definita attraverso la trasformazione delle pietanze popolari. Ed è da questa evoluzione continua che s’intravede quella qualità, rara in Italia, anzi, rarissima, ma pacifica e diffusa nella cultura di Napoli, che si chiama “inclusività”. Un “metissage” di contributi culturali che la storia dispone di imperio e che diventano parte integrante della cultura cittadina che è, anche, cultura gastronomica. E poi senza per questo ritrovarsi stravolta nella propria identità. Si configura così la fisionomia sociologica di Napoli, restituita con sguardo pittorico, quasi quadro ottocentesco dei banchi di pesce e dei venditori ambulanti di cibarie.

Le pagine del libro offrono quindi il ritratto di quel cibo di strada, nato dalle commistioni di culture tra le quali echeggia, anche, la voce delle antiche province per le quali Napoli fu volano che ne promosse le bontà. Tutto ciò viene individuato attraverso la descrizione di venti pietanze iconiche, offerte da dieci interpreti che si mostrano capaci di connettere il presente al passato, inglobando ciò che caratterizza l’attualità anche in termini di nuova sensibilità del gusto, non priva delle influenze etniche contemporanee. Il testo si configura, tra le altre cose, come un tassello di un progetto che vuole essere di rilancio, ma che preferisco considerare “preservazione delle peculiarità”; “sguardo altro”; capace di trovare nelle cifre del gusto e dell’arte di questo luogo iconico qualità intrinsecamente radicate. Non recuperate. D’altronde la tradizione gastronomica vagheggiata dal testo è stata sempre cifra caratterizzante del Quartiere. “Cooked with love in Porta Capuana”; a.c. di Aste e Nodi, edizioni Ad est dell’Equatore.

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