Il saggio dedicato alle opere partenopee di Manso, Lemos e Cervantes
Sempre affascinante ritrovare le ombre e le eccellenze del “Siglo de oro”, dei grandi nomi della letteratura iberica che passano, o citano, Napoli in un repertorio visionario e suggestivo.
È il tema della lettura di questa settimana, parliamo cioè di un saggio il cui titolo risponde a “Manso, Lemos, Cervantes. Letteratura arti e scienza nella Napoli del primo Seicento” scritto da un brillante docente dell’Università Orientale di Napoli, Roberto Mondola. Il libro ci descrive, attraverso una rappresentazione composita, il secondo decennio del XVII secolo, quando governata dal Viceré Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos, la Città vide un momento assai fulgido sul piano artistico e culturale.
In un clima di contraddizioni, dove la difficoltà economica tangibile vissuta dalla Capitale del Viceregno convive con la presenza di eccellenze di ogni fronte umanistico, la Città assurge al ruolo di fonte ispiratrice di molti artisti stranieri, e poi luogo fertile anche per l’intelletto autoctono. Laboratorio sperimentale per la politica iberica, dove anche il popolano è poliglotta, dalle pagine apprendiamo che il maggiore artefice di questo stato di grazia fu l’illuminato conte di Lemos che, interessato ai fatti dell’arte e della cultura, diede luogo e direzione ad una vasta opera riformatrice. Sicché, ci educe l’autore, egli fu dedicatario di opere sublimi come le “Otto commedie e otto intermezzi” e poi della seconda parte del Quijote di Cervates, ma anche delle opere di Giovan Battista Della Porta e di altri autori autoctoni. Grazie allora al beneficio di questa politica la Capitale, pure storicamente amministrata con severità dai governanti iberici, diventa il luogo di fondazione di una delle più importanti biblioteche europee, e poi teatro di una delle più importanti riforme universitarie del tempo. Emergere dalla rappresentazione che ci offrono le pagine del libro il ritratto sorprendente di una Città che, da tempo privata della sua autonomia politica, è in questo secondo decennio del ‘600 riconosciuta capitale culturale nel panorama continentale.
Il libro, che è stato pubblicato nel 2018, è stato progettato come contributo celebrativo per il quarto centenario della morte di Miguel de Cervantes ed è costituito da una raccolta di vari saggi volti a illustrare i molteplici aspetti che caratterizzarono lo scenario culturale di quello scorcio di secolo.

Il direttore: Alessandro Migliaccio
Giornalista e scrittore, autore di numerose inchieste nazionali sulla camorra, sugli sprechi di denaro pubblico, sulla corruzione, sulle truffe e sui disservizi in Italia. Ha lavorato dal 2005 al 2020 per “Le Iene” (Mediaset), affermandosi con una serie di servizi che hanno fatto scalpore tra cui quelli sulla compravendita di loculi nei cimiteri, sulla cosiddetta “terra dei fuochi” e sulla pedofilia nella Chiesa. Ha lavorato anche per “Piazza pulita” (La7), Il Tempo, Adnkronos, E-Polis, Napolipiù, Roma, Il Giornale di Napoli e Il Giornale di Sicilia. Ha scritto tre libri di inchiesta (“Paradossopoli – Napoli e l’arte di evadere le regole”, ed. Vertigo 2010, “Che s’addà fa’ pe’ murì – Affari e speculazioni sui morti a Napoli”, ed. Vertigo 2011 e “La crisi fa 90”, ed. Vertigo 2012) e un libro di poesie (“Le vie della vita”, ed. Ferraro 1999). Ha ricevuto una targa dall’Unione Cronisti Italiani come riconoscimento per il suo impegno costante e coraggioso come giornalista di inchiesta. Ha ricevuto anche il Premio L’Arcobaleno napoletano dedicato alle eccellenze della città partenopea. È stato vittima di un’aggressione fisica da parte del comandante della Polizia Municipale di Napoli nel 2008 in seguito ad un suo articolo di inchiesta ed è riuscito a registrare con una microcamera nascosta l’accaduto e a denunciarlo alle autorità devolvendo poi in beneficenza all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli la somma ricevuta come risarcimento del danno subito.
Dal 2019 è il direttore di Quotidianonapoli.it