Ci avviciniamo, ahimé, sempre più rapidamente al 3 luglio, cioè alla data fissata per la cerimonia di apertura delle Universiadi. E siamo ancora drammaticamente in alto mare. Una manifestazione nata male, dal punto di vista organizzativo e che ora, a dispetto delle rassicurazioni che provengono dagli enti deputati, corre il rischio di trasformarsi in una clamorosa brutta figura per la città e per i suoi amministratori, anche regionali. È vero che molti napoletani ancor oggi ignorano che a Napoli si terranno questi Giochi destinati a diecimila atleti studenti universitari di tutto il mondo. Dicevamo di una manifestazione nata con il difetto del peccato originale di una infinita serie di polemiche che si concentrarono all’inizio sull’individuazione del villaggio per gli atleti. Una lunga e sterile diatriba si consumò tra cabina di regia e varie istituzioni sull’opportunità di concentrare l’ospitalità in residenze universitarie o su navi da crociera, appositamente locate. Per un attimo si pensò anche all’area ex Nato di Bagnoli. La solita sceneggiata made in Naples, che solo al termine di lunghe e non appassionanti contrapposizioni (si aprì anche uno dei tanti capitoli della querelle De Luca-de Magistris) giunse ad una soluzione più o meno condivisa. Nata male dicevamo. Anche perché con il Comune in pre-dissesto e con la Regione già svenata su mille fronti, risultò difficile rastrellare le risorse per rimettere in sesto strutture sportive se non abbandonate (vedi Collana) certamente fatiscenti (vedi San Paolo). Chiuso comunque faticosamente il capitolo del villaggio per gli atleti, altri vi si sovrapposero, con il risultato di continuare a tenere sempre in bilico l’intera manifestazione. La mancanza del numero sufficiente di volontari è un altro dei capitoli che hanno agitato la fase finale di preparazione. E senza approfondire i problemi della logistica, che restano in una condizione di assoluta precarietà. Un capitolo a parte meriterebbe poi la questione del colore dei sediolini del San Paolo. Sarebbe stata una non-questione se De Laurentiis non avesse preteso di “metterci il becco”, con la pretesa di imporre il multicolor, destinato a coprire la desolazione degli spalti vuoti, creata dalla disaffezione dei tifosi, indisponibili in campionato a sorreggere una squadra che non può gareggiare con i rivali della Juventus.
Proprio nelle ultime ore si sta profilando, però, un alto agguato, che se non avrà riflessi sull’effettuazione dei Giochi, rischia comunque di minarne ulteriormente l’immagine.
Qualcuno, non si sa chi (pare dalla Regione) avrebbe avuto la brillante idea di affidare al noto Jorit la creazione di un murale, che dovrebbe anche risultare il più alto del mondo, come rappresentazione istantanea delle Universiadi napoletane. Jorit dovrebbe esercitarsi sulla facciata di uno dei più alti grattacieli del Centro direzionale. Questo Jorit, come è noto, è un ragazzo napoletano, ex imbrattatore di muri, maturato e diventato un esponente di tutto rispetto della street art, apprezzato, ad onor del vero, in tutto il mondo. A Napoli si è cimentato con successo nel ritratto di Maradona a San Giovanni a Teduccio e di quelli di Paolo Cannavaro e di Hamsik. Su commissione funziona bene. Ma se gli lasciano libertà di scelta ecco che scantona, ed è difficile incanalarlo in raffigurazioni di personaggi la cui scelta risponda almeno ad un barlume di logica. Prendiamo l’ex Centralina Enel di via Verrotti, ad un passo da piazza Medaglie d’Oro al Vomero (a proposito, qualche mese fa l’amministrazione comunale l’ha inaugurata come “Casa della socialità” in pompa magna, ma resta malinconicamente chiusa). Ebbene, Jorit si è armato di colori e pennello ed ha impresso su quelle mura i volti di Sandro Pertini e di Ilaria Cucchi, due personaggi, ciascuno per la sua storia, di grande dignità, ma che non hanno nulla in comune e soprattutto non hanno nulla in comune con Napoli. Pura demagogia. E poiché il ragazzo deve essere naturalmente votato a scelte di questo tipo, ecco che dopo la sorpresa vomerese si è esibito in un Che Guevara a San Giovanni e in un Pasolini a Scampia. Personaggi proprio calati nella loro realtà. Infatti tutti ricordano perfettamente le incursioni di Che Guevara nell’area Est di Napoli o di Pasolini in quella landa dove ancora non c’erano le Vele maledette. Insomma Jorit è un fedelissimo dei campioni di un certo tipo di collocazione politica. Tutti uniti da un comune denominatore, che lui riesce ad interpretare sistematicamente. Ora però bisogna dare rappresentazione a dei Giochi destinati ad atleti che non hanno colore politico. Il comune buon senso ci farebbe orientare ad una raffigurazione che magari prenda come spunto una moltitudine di ragazzi riuniti sotto l’egida dello sport. Sarà questa la scelta di Jorit? Abbiamo forti dubbi, temiamo il peggio. Visto che il “Che” se l’è già giocato a San Giovanni, abbiamo il forte timore che il ragazzo si inventi una gigantografia al Centro Direzionale immortalando un Fidel Castro, un Chavez o addirittura un Lula. Siamo invece fortemente ottimisti sulla possibilità di scansare qualche altro pericolo, tipo Maduro o il subcomandante Marcos. Non perché siano fuori dal perimetro delle simpatie di Jorit, ma solo perché la loro immagine è (fortunatamente) sconosciuta ai più.