L’eretico per eccellenza della virologia italiana, Giulio Tarro, il messinese trapiantato a Napoli dove ha svolto tutta la sua illustre carriera, torna alla carica. Finora non ne ha sbagliata una, nonostante che con il suo ottimismo abbia suscitato reazioni spesso scomposte da parte di molti dei suoi colleghi, soprattutto settentrionali.
L’ultima uscita è proprio di queste ore, un’intervista concessa a Pierluigi Pietricola sul Blog della Fondazione Nenni.
È un’intervista lunga che si articola su varie domande e conseguenti risposte tecnico-scientifiche. Ma il passaggio più importante, dal punto di vista giornalistico è annidato in una delle risposte finali.
All’intervistatore che gli chiede lumi sull’utilità dell’uso delle mascherine, risponde così: “La mascherina andrebbe usata solo quando, nella fase in cui ci troviamo, non c’è la possibilità di osservare la distanza minima di un metro e se ci si trova con persone non conosciute. Altrimenti non va usata, specialmente in luoghi all’aperto. Le mascherine non sono il massimo dell’igiene. Io starei attento nel loro uso, nel loro riuso e nel loro abuso. Quando arriverà il caldo, sarà bene gettarle via. Non ultimo perché all’inizio di questa pandemia, l’Iss ci diceva che le mascherine avrebbero dovuto usarle solo gli operatori sanitari e gli infettati. Adesso la regola è cambiata perché noi siamo diventati produttori diretti di mascherine. A luglio o agosto non serviranno più”.
Inizialmente aveva risposto alla domanda che molti si pongono in questo momento storico, se cioè è vero o meno che il virus è cambiato, che avrebbe perso la sua carica virale. Un passaggio sul quale il mondo scientifico si è diviso in pro e contro.
“Io dico che la verità sta nel mezzo, come dicevano gli antichi. Mi spiego meglio. Questo virus non è che una particella da considerarsi come parte di una più ampia popolazione scientificamente classificata: coronavirus. Questa popolazione è soggetta a variabilità. Dal punto di vista di un’epidemia, vanno considerati tanti aspetti, alcuni dei quali non correlati al soggetto contagiato. Per esempio: i fattori climatici. Io presumo che, in questo momento, non vi è né una riduzione né un aumento dell’aggressività. Ci troviamo nella normalità di un’epidemia da coronavirus, famiglia a cui il Sars CoV2 appartiene, e che ha un suo inizio, un suo momento di picco, una decrescita ed una fine”.
Piernicola gli chiede poi se questo virus ha una vita indipendentemente da noi. E Tarro spiega: “Uno studio israeliano, pubblicato non più tardi di un mese fa, diceva che, come gran parte dei coronavirus respiratori, anche il Sars CoV2 ha una durata più o meno di 70 giorni. Non dobbiamo mai dimenticare che ci troviamo di fronte a un coronavirus. Se avessimo avuto a che fare con il virus dell’epatite, tanto per fare un esempio, le cose sarebbero state certamente diverse”.
E sempre nel corso dell’intervista un altro passaggio improntato all’ottimismo. Che non guasta certamente in questi giorni ancora pieni di paure e di incertezze. “Trattandosi di un coronavirus, il suo comportamento è soggetto a quelli della sua popolazione virale. Quindi non credo che una seconda ondata ci sarà. O presumibilmente, se ci dovesse essere, troverà molta parte della popolazione già immunizzata e quindi un terreno che non gli sarà favorevole. Come ho più volte detto, il Sars CoV2 o scomparirà come già avvenuto per la prima SARS, oppure si regionalizzerà causando un raffreddore o un’influenza stagionale. Lo ripeto: il Sars CoV2 fa parte della popolazione virale dei coronavirus, e come tale si comporta”.